Il percorso di cura da un disturbo alimentare è estremamente complesso e delicato. Il recovery rappresenta un momento di cambiamento, di incertezza, di paura. Ma cosa succede se questo percorso inizia già con delle difficoltà? Cosa succede se l’accesso alle cure non è garantito? L’accesso alle cure non è semplice, ma anzi è bloccato costantemente da varie tipologie di barriere che ne impediscono o ne rallentano il raggiungimento. E ora ci sono dei dati quantitativi che possono confermarlo.
Lo studio
Negli Stati Uniti è stato condotto uno studio in merito alle possibilità di accesso alle cure per DCA per il popolo americano. I dati iniziali riferivano infatti che, seppur i DCA fossero una malattia con alti livelli di mortalità, solamente il 20% delle persone riceveva le cure adeguate.
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare nel modo più completo i BTAs (barriers to treatment access), ovvero le barriere all’accesso alle cure.
Lo studio ha avuto origine da un’analisi delle stime iniziali dei BTA negli Stati Uniti tra coloro che cercano di accedere al trattamento, confrontando i BTA tra le diverse caratteristiche demografiche ed esaminando l’associazione tra BTA e sintomatologia dei disturbi alimentari.
In seguito, lo studio ha proceduto a individuare un campione di persone in cerca di un trattamento per i disturbi alimentari (campione di circa 1.995 persone). Questo campione ha completato una valutazione online delle caratteristiche cliniche demografiche e antropometriche, delle barriere all’accesso al trattamento dei disturbi alimentari e della sintomatologia dei disturbi alimentari.
I BTAs, ovvero le barriere all’accesso alle cure
Il numero medio di BTA riportati variava in base all’orientamento sessuale, al sesso, allo stato occupazionale, al reddito familiare, allo stato di disabilità e alla diagnosi di disturbo alimentare.
- I partecipanti appartenenti a minoranze sessuali hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto ai partecipanti eterosessuali.
I partecipanti non binari hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto alle donne e agli uomini cisgender. - I partecipanti disoccupati hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto ai partecipanti occupati a tempo pieno o part-time.
I partecipanti con un reddito familiare inferiore o uguale a 70.000 dollari hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto a quelli con un reddito familiare maggiore di 70.000 dollari. - I partecipanti che hanno dichiarato una disabilità hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto a quelli che non hanno dichiarato una disabilità.
- I partecipanti con anoressia nervosa hanno segnalato un numero significativamente maggiore di barriere rispetto a quelli con disturbo da alimentazione incontrollata, disturbo da evitamento/riduzione dell’assunzione di cibo o ai partecipanti guariti.
I partecipanti con bulimia nervosa hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto a quelli con BED, ARFID o partecipanti guariti.
I partecipanti con altri disturbi specifici dell’alimentazione o del comportamento alimentare (OSFED) hanno riportato un numero significativamente maggiore di BTA rispetto a quelli con BED, ARFID o partecipanti guariti.
Un riassunto: l’accesso alle cure e le sue difficoltà
Secondo lo studio, le barriere finanziarie (ad esempio, la mancanza di copertura assicurativa) sono state la barriera più frequentemente segnalata per l’accesso al trattamento.
Al contempo, i partecipanti con identità storicamente sottorappresentate e con diagnosi di altri disturbi dell’alimentazione o del comportamento alimentare (OSFED) hanno segnalato un maggior numero di barriere legate alle difficoltà finanziarie, alla posizione geografica, all’identificazione del disturbo alimentare, ai fattori socioculturali e alla qualità del trattamento rispetto a quelli con identità storicamente rappresentate (per esempio, persone bianche e cisgender).
Una maggiore frequenza di barriere all’accesso al trattamento è stata associata a sintomi di disturbo alimentare più gravi e a traiettorie di malattia peggiori.
Curarsi non può essere un privilegio
Questi dati, seppur non parlino del nostro Paese ma si riferiscano al mondo oltreoceano, sono la conferma dei limiti che ancora pervadono il mondo dei DCA. O meglio, dei limiti che condizionano la vita delle persone che soffrono di DCA.
Curarsi non può essere un privilegio. LA possibilità di accesso alle cure non può dipendere dal reddito o dallo status sociale. Non può dipendere dal sesso, dall’etnia, dall’orientamento sessuale o dall’età. I disturbi alimentari colpiscono chiunque e, di conseguenza, chiunque deve avere la possibilità di curarsi.
Vivere con un DCA è estremamente complesso e doloroso. Il passo di chiedere aiuto forse lo è ancora di più: non possiamo permettere che, dopo tutta questa fatica e questo dolore, le persone con DCA si trovino davanti a porte sbarrate.