Qualche settimana fa stavo guardando i post suggeriti da Instagram nella home del mio profilo. Tra video di golden retriever e qualche notizia scandalistica, mi è capitato di imbattermi in un video che ho trovato altamente disturbante.
Si trattava di un video che promuoveva l’idea di doversi sforzare nello svolgere attività fisica, ai fini di apparire in una “forma migliore” una volta arrivata l’estate. Per superare la fatidica “prova costume”.
Ma siamo sicuri che sia necessario rientrare in una forma precisa?
La prova costume: ne vale la pena?
Come primo pensiero mi sono chiesta: ma perché dovrei sentirmi in obbligo di modificare il mio corpo?
Il momento delle vacanze dovrebbe essere il momento di maggior spensieratezza, di maggior libertà. Allora perché dovrei andare incontro a una preparazione così rigida per fare una cosa così bella? Vale la pena affaticarmi tanto per la cosiddetta “prova costume”?
Poi ho pensato alle componenti più preziose delle mie giornate: la famiglia, gli amici, gli affetti.
Il valore inestimabile che hanno tutte queste persone non riguarda minimamente il modo in cui appaiono, ma riguarda la loro umanità. Se questo ragionamento non lo usiamo verso gli altri, perché dovremmo utilizzarlo contro noi stessi?
È risaputo che siamo spesso i peggiori critici noi stessi, ma se cambiassimo per una volta la prospettiva? Se cambiassimo la narrazione per cui il valore che abbiamo deriva da come appariamo in costume da bagno e ci concentrassimo invece su cosa dice il nostro corpo?
In una pancia gonfia si può vedere la bellezza e il divertimento di un pranzo tra amiche, in una muscolatura più definita si può leggere l’impegno e la dedizione di un atleta, in una smagliatura si può osservare la capacità del corpo di una donna di mettere al mondo una vita.
Perché dovremmo nascondere questo? Perché dovremmo sforzarci di entrare in un parametro che non ci appartiene? Il problema non è quello che vediamo, ma il modo in cui lo guardiamo.
Alleniamoci ad amare
Sono molti i contesti dove siamo costantemente giudicati e valutati. Spesso alcuni ambienti dove ci troviamo sembrano plasmati su misura per ridurci, per ingabbiarci, per de-umanizzarci. Ogni tanto ho la percezione di essere inserita in una realtà che vuole abbattermi. Ma contro questa retorica fasulla, vince la verità di quello che possiamo osservare dentro e intorno a noi.
Possiamo osservare come agli occhi degli altri non siamo un ammasso di organi che ha un determinato peso e rientra in una determinata taglia. Siamo un arcobaleno di cose diverse: davvero vogliamo fare di tutto per ridurci a un colore solo?
In definitiva, l’unico modo per prepararsi alla “prova costume” è allenarci. Sì, allenarci, ma ad usare il cuore prima di usare gli occhi. Non userei la parola accettare, perché porta sempre con sé un senso di arresa, ma utilizzerei la parola “amare”.
Amati, che il costume che indossi, fortunatamente, non può decidere chi sei.
L’articolo è stato scritto da Maddalena, volontaria dell’Associazione