Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Alessia

Ciao, mi chiamo Alessia e ho 16 anni.

Vorrei iniziare dal principio. Premetto che non sarà facile raccontare tutto, ma ci proverò, anche se in realtà non so definire con certezza quando sia cominciato tutto.

Sono sempre stata una bambina piena di gioia all’apparenza, ma con un mondo dentro. Da bambina, quando i miei genitori mi scattavano le foto, cercavo di non fare vedere molto il mio viso coprendolo con una mano. 

All’epoca il cibo non era ancora diventato lo strumento con il quale manifestare il mio dolore. Era solo cibo, nient’altro. 

Poi nel 2020 è arrivato il primo lockdown.

Un periodo nuovo per tutti. All’inizio eravamo tutti entusiasti (io compresa) di poter staccare un po’ la spina dalla scuola o dal lavoro. È stato così per le prime settimane, poi ho iniziato a stare male, ma non capivo la ragione e soprattutto non riuscivo ad esprimere questo mio grande dolore a parole. 

Non sono mai riuscita ad esprimere veramente quello che sentivo, ho sempre preferito scrivere. La scrittura era, ed è tuttora, il mio posto sicuro. 

Così ho cominciato a restringere, mi continuavo a ripetere che la situazione era sotto controllo, ma si trattava di un controllo solo apparente. Senza accorgermene, ho iniziato ad entrare nel mio calvario più grande, che è quello che mi porto sulle spalle tuttora: il mio disturbo alimentare.

È arrivato luglio, il mese in cui come tutti gli anni sono andata in vacanza in Liguria. Sentivo il bisogno di nascondermi, desideravo diventare invisibile, ma non lo manifestavo. Proprio in quel mese alcune mie “presunte” amiche hanno cominciato ad esaminare il mio corpo e a dirmi che ero inadatta, che non ero in grado di stare in spiaggia perché mi coprivo troppo, che non mi truccavo e non ero come le altre ragazze. Io in quel momento non ho reagito, come sempre, ma ho sentito che qualcosa stava cambiando. Così sono tornata a casa, mi sono guardata allo specchio e non mi sono più riconosciuta. Mi sono detta che quando sarei tornata a casa a Milano le cose sarebbero dovute cambiare assolutamente. E così è stato.

È arrivato anche agosto, la situazione ha cominciato a degenerare, ma nessuno se n’è accorto. Fino a quando non è arrivato settembre, il mese del mio compleanno. Quell’anno avrei dovuto iniziare la scuola superiore che frequento tuttora, il liceo linguistico.

Di quell’anno ho vissuto solo quel primo mese a scuola, dopodiché la mia vita è cambiata drasticamente.

Le restrizioni sono aumentate e io ho chiesto aiuto, perché non sapevo più come gestire questa cosa che oramai era diventata più grande di me. I miei genitori, purtroppo, se ne sono accorti solo quando ero già arrivata al limite. A quel punto mi hanno fatto fare delle visite dal mio medico di base, che dai miei sintomi ha pensato potesse trattarsi di un disturbo alimentare, ma non si è preoccupato più di tanto. 

Fino a che non è arrivato ottobre. La situazione era ormai degenerata. Ho cominciato ad essere seguita presso la struttura per la cura dei DCA che mi segue tuttora: il San Paolo di Milano. Qui ho trovato un’equipe fantastica che mi ha aiutata davvero tanto, soprattutto la mia neuropsichiatra, in particolar modo nella prima parte del mio percorso.

Inizialmente ero annebbiata dalla malattia, non vedevo nulla al di fuori di lei, continuavo ad usare il mio corpo per manifestare il mio dolore. 

Il percorso è sempre stato, ed è tuttora pieno di ostacoli. Con il passare del tempo ho iniziato a collaborare, cercando di lavorare sulla malattia. I miei medici mi incoraggiavano, e da lì ho capito che forse una possibile via è fare l’atto opposto rispetto a quello che mi propone la malattia. Mi rendo conto che fa male, anzi, malissimo, ma ho capito che è l’unico modo per tentare di lasciarla. Al momento i miei pensieri sono ancora con me, ma sto cercando di lavorarci su.

Il mio disturbo alimentare mi aveva portato via tutto: la scuola, a cui ho sempre tenuto tantissimo, la mia passione per il pianoforte, ma soprattutto la voglia di vivere la mia stessa vita. Mi sentivo prigioniera di me stessa, come se fossi condannata all’ergastolo nel mio stesso corpo e nella mia stessa mente.

Ora sto cercando quella vita di cui il mio disturbo alimentare mi ha privata.

Ho ricominciato ad andare a scuola (in presenza) e a lezione di pianoforte. Sto cercando di conoscere i miei compagni di classe più a fondo.  Insomma, sto provando a fare le cose che amo.

Ho capito che è questa la vera vita, non quella che ci promette la malattia. Ed ora sono qui, a ricostruire il mio percorso, sicuramente con una consapevolezza diversa rispetto a quella che avevo quando mi sono ammalata.

Ho capito che non devo diventare trasparente, ma al contrario gridare ciò che sento, in modo da riuscire a vivere la bellezza della vita che fino ad ora ho sempre disprezzato, vedendola con gli occhi della malattia.

La strada è ancora lunga, mi hanno avvertita, e la cosa un po’ mi spaventa. Ma sapete cosa vi dico? Che sono pronta! Ho affrontato tante cose nella mia vita, perché non dovrei riuscire a superare anche questa?

E con questo ringrazio tutte le persone che mi sono state vicino, dalla prima all’ultima.

Concludo dicendo che non voglio più accontentarmi di sopravvivere, voglio ricominciare a vivere la mia vita appieno, riscoprendola come se fosse la prima volta, come fa un bambino che per la prima volta apre gli occhi e si guarda intorno con lo sguardo pieno di curiosità, scoprendo la bellezza del mondo e della vita.

L’articolo è stato scritto da Alessia, volontaria dell’associazione, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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