Prima della terapia ero una persona totalmente diversa. Me ne stavo in disparte, in un angolo. Volevo essere invisibile. Ero succube della vita, delle persone che avevo intorno. Credevo di non meritare niente di buono. E, se mi capitava qualcosa di bello, lo distruggevo subito. Ero quella che gli altri volevano che fossi. Dovevo essere quella brava in tutto: come nipote, figlia, fidanzata. Insomma, la ragazza modello.
Ed io?
Io avevo smesso di esistere per compiacere gli altri. Volevo solo essere amata per quello che ero, ma mi sentivo sbagliata, ed ero quindi convinta che nessuno potesse realmente volermi bene. Come si può amare uno sbaglio?
Poi è arrivata l’anoressia
Volevo mostrare che quello che avevo dentro mi stava logorando. Così ho costretto il mio corpo a sopportare un dolore continuo. E il suo ribellarsi non faceva altro che peggiorare la situazione. È iniziato in questo modo un loop che sembrava infinito. Ho annullato la mia mente, che aveva tempo solo per pensare a numeri e modi per compensare, qualora avessi esagerato. Non avevo smesso solo di mangiare quello che mi piaceva: avevo smesso di fare qualsiasi cosa mi piacesse. Era come se il cibo non lo meritassi. Ed era come se non meritassi un briciolo di felicità.
Mi guardavo, scansionavo ogni singola parte del mio corpo con disprezzo. Tenevo tutto ossessivamente sotto controllo. E man mano che lo facevo, Jessica diventava sempre più quel numero. Più sparivo e più potevo meritare di esistere. Un paradosso.
Non sorridevo più…
Avevo smesso di sorridere, volevo solo essere lasciata da sola. Mi ero chiusa in un guscio impenetrabile. Mi dicevano tutti che ero cambiata, ma nessuno che si domandava il perché di tutto questo. E io non avevo voglia di spiegarmi. Ero stanca. Mi circondavo di persone sbagliate, che sapevo mi avrebbero fatto male e glielo lasciavo fare. Andava bene così.Mi urlavano contro che ero matta, cattiva, inutile, vagabonda, fredda… ed io mi convincevo sempre di più di esserlo diventata davvero.
Ho sempre perdonato gli altri, ma mai me stessa
Non mi chiedevo scusa per tutto quello che mi stavo facendo. Non riuscivo a perdonare quella bambina che si era fatta dire e fare cose orribili. Ero piena di rabbia. Una rabbia che distruggeva e non ricostruiva, perché non c’era niente da ricostruire. E quella rabbia non accennava a calmarsi. Ribolliva continuamente.
Quanti sensi di colpa mi sono creata? Ne avevo uno per ogni occasione, e, se non lo avevo, me lo creavo. Ero diventata tutto quello che avevo sempre odiato: ero diventata il riflesso di quello che volevano gli altri. Quante volte ho provato a farlo notare; quante volte mi sono sentita dire che non era vero. Mi dicevano che in realtà ero circondata di amore e che ero io a vedere le cose in modo sbagliato.
Che ero esagerata. E io mi sentivo ancora più sbagliata. E quante lacrime ho versato? Quante volte mi sono chiesta se un giorno sarebbe cambiato qualcosa… Poi rimettevo la maschera e si ripartiva.
Con la terapia ho iniziato a tirare fuori la mia vita
Buttavo fuori tutto quello che avevo dentro e insieme alla mia terapeuta lo rimettevamo in ordine.
Ogni volta mi sentivo meglio. Più leggera. Sono arrivate tante consapevolezze sulla mia persona ed è nella stanza di terapia che per la prima volta è venuta fuori la parola anoressia.
Non affrontavamo più solo i problemi che riguardavano la mente, ma dovevamo sistemare anche ciò che c’era fuori. Ero arrivata ad un punto in cui non riuscivo e non volevo fermarmi: finalmente stavo diventando trasparente. Non sentivo la stanchezza, non sentivo nulla. Ed ero consapevole di tutto quello che mi stavo facendo. E così abbiamo capito che era qui che la terapia doveva spostarsi.
Con piccoli obiettivi, a piccoli passi: reintegrare qualche alimento, riprendere un po’ di peso.
Il lockdown è stato per me la svolta
Non potevo vedere nessuno, nessuno mi avrebbe giudicata. Potevo fare un tentativo. Se fosse andata male, sarei tornata indietro in un attimo e nessuno se ne sarebbe accorto. Ho riassaporato cibi che non toccavo da anni, ho cercato di rendere l’attività fisica piacevole e non un obbligo. Mi sono fermata. La vita frenetica di pochi giorni prima era ormai lontana. Adesso c’ero io con me stessa, la bilancia era sparita. Non ero un numero e non volevo più esserlo.
Ho visto il mio corpo cambiare e diventare un corpo che iniziava a prendere più spazio.
Un corpo che dopo due anni e mezzo aveva di nuovo il ciclo. Un corpo in salute.
Quanto è stato difficile far pace con quella bimba… Abbracciarla, perdonarla. Non riesco ancora ad amarla come merita, ma l’ho presa per mano.
Piano piano si sono allontanati anche i sensi di colpa legati alle persone. Io non posso esserci per tutti, per tutto il tempo. Ed è giusto che sia così.
Io voglio costruire la mia vita.
I sensi di colpa legati al cibo sono presenti sporadicamente. Lo vedo cambiare questo corpo, e a volte ho paura che non si fermi e che arrivino i sensi di colpa. Ma poi in realtà noto che ultimamente si fanno sentire sempre meno. Mi perdono se commetto degli errori, perché riconosco che sono umana.
Sono me stessa sempre. Non importa se non piace, se mi reputano “giusta” o “sbagliata”. Io voglio essere com’è Jessica, e, se non vengo capita o mi vedono diversa, pazienza!
Magari faranno loro un passo indietro. Io ne ho già fatti fin troppi.
Sta prendendo piede il mio carattere deciso, di quella Jessica che ha sempre voluto rischiare e metterci la faccia.
Ora so che posso essere fragile e posso sentire tutte le emozioni esistenti.
Non c’è niente di sbagliato nel sentirsi tristi, felici, arrabbiati, innamorati. Sono tutte emozioni che fanno parte di me.
Ho iniziato a risalire quando ho iniziato ad accettarmi. Amarmi è ancora difficile, ma accettarmi per me è già un grande passo in avanti.
Non mi do più colpe se sono felice. Non mi urlo più cattiverie se non faccio o non sono quello che vorrebbero tutti.
Io sono questa e ho faticato per concedermelo. Ci ho messo tutto l’impegno possibile e so che ancora non è finita. Sono in continua evoluzione, scopro sempre qualcosa di nuovo che alla fine mi stupisce.
Ho imparato che Jessica merita di esistere, nonostante non si veda sempre bene. Che Jessica può non saper gestire le proprie emozioni a volte, che Jessica può anche sbagliare.
Non voglio essere perfetta né impeccabile. Io voglio essere vera. Voglio essere amata per quella che sono, e so che per prima devo essere io a farlo.
Merito di salvarmi, merito di prendermi per mano e vivere.
L’articolo è stato scritto da Jessica, che ha raccontato la sua storia