Mi presento: sono Viola, ho 40 anni. Sono una donna, mamma, moglie e imprenditrice, da sempre impegnata nel sociale. La bulimia è da sempre mia compagna di vita.
Dopo averla affrontata e sconfitta, oggi la considero la mia miglior nemica e ho deciso di diffondere un messaggio di speranza attraverso un libro che ho custodito in una parte fertile del mio cuore.
L’ho tenuto al riparo dalle innumerevoli tempeste che ho attraversato e ho atteso che giungesse il suo tempo. Quello che sarebbe coinciso con la guarigione della mia anima.
Questa è la mia storia
Ero una ragazzina buona e ingenua, forse vulnerabile a colei che si insinua in modo silenzioso e allo stesso tempo dirompente. Una malattia che cerca di cambiarti, di annichilirti, di spegnerti: la bulimia.
È stata la mia burattinaia per lunghi anni, cupe notti e interminabili giorni.
Mi ha isolata da tutto e da tutti. Ha deciso ogni mio passo. E ad ogni piccola risalita è stata pronta a ostacolarne il percorso. Nessuna gioia, nessuna vittoria.
Decideva quanto e quando dovessi mangiare. E più io non la ascoltavo, più lei mi feriva.
Mi ha spinto talmente a fondo da segnarmi profondamente, anche in senso fisico, ed io ho smesso di esistere in quanto Viola.
Ho provato a cucirmi una maschera per nascondermi ai suoi occhi, per cercare di tornare alla vita. L’ho indossata per anni: era fatta di colori, gioie e sorrisi. Era utile, sì, ma allo stesso tempo nascondeva a tutti la persona che realmente sono.
All’improvviso è arrivata una notte in cui non avevo indosso la maschera. Quella notte, però, non siamo tornate a lottare. Mentre un angelo volava in cielo, abbiamo scelto di stringere un accordo e lei è diventata la mia miglior nemica.
Oggi…
Oggi vedo sui social ragazze/i molto giovani che hanno affrontato/stanno affrontando un disturbo del comportamento alimentare. Si parla spesso di queste malattie trattando la fase iniziale, ma altrettanto spesso, purtroppo, ci si dimentica di chi ci convive da 20 o 30 anni; di chi è costretto a nasconderle perché anni fa non erano conosciute e per questa ragione ha dovuto “auto-curarsi”, non riuscendo ad uscirne mai completamente e portando la malattia a cronicizzarsi. Si parla poco di quelle donne che sono diventate madre con un DCA; delle fatiche che essere madre con un DCA comporta.
Io, Viola, voglio raccontare la mia storia anche per loro, perché, anche se si tratta di una sofferenza lunga anni, tornare ad una vita felice è possibile.
L’articolo è stato scritto da Viola, che ha raccontato la sua storia