Con il termine “suicidio” si intende l’atto con cui una persona provoca deliberatamente la sua morte.
Si stima che nel mondo ogni anno si tolgano la vita all’incirca un milione di persone.
Il suicidio, infatti, costituisce una delle principali cause di morte, soprattutto nella popolazione giovanile. Ma che correlazione c’è tra rischio di suicidio e disturbi alimentari?
Il suicidio e i disturbi alimentari
La maggior parte delle persone affette da un disturbo del comportamento alimentare soffre, con molta probabilità, anche di un altro disturbo mentale. Sono infatti molto frequenti casi di depressione maggiore o di disturbi da uso di sostanze correlate all’insorgenza dei disturbi alimentari, ma anche di molte altre patologie.
Per questo motivo è importante che il terapeuta indaghi sempre sulla storia del paziente che ha di fronte. In questo modo può infatti imparare a come comportarsi con quella specifica persona e ad andare ad evidenziare dove c’è un maggior rischio suicidario.
Nel caso dei disturbi alimentari il rischio di suicidio è fortemente presente nell’anoressia nervosa, nella bulimia nervosa e nel binge eating. L’anoressia nervosa è quella che presenta un rischio maggiore: infatti, il suicidio rappresenta la seconda causa di morte nelle persone affette da questa malattia, subito dopo le complicanze fisiche non adeguatamente trattate.
I fattori di rischio
Ogni individuo è a sé. Ognuno ha tratti unici della sua personalità, come un’elevata sensibilità o bassa tolleranza allo stress, che insieme ad altri elementi soggettivi possono aumentare il rischio di suicidio. Ecco elencati qui i principali fattori di rischio:
- pregressi tentativi di suicidio
- isolamento sociale
- autolesionismo
- eventi traumatici come abusi sessuali, psicologici e fisici subiti in età precoce
- difficoltà a regolare le emozioni
- presenza di vari disturbi psicologici importanti
- uso di sostanze e alcool
Quali possono essere i segnali d’allarme?
Talvolta le persone fanno fatica ad esprimere il modo in cui si sentono. Possono avere paura del giudizio altrui, possono non riuscire ad accettare di avere bisogno di aiuto. Non è sempre possibile capire lo stato emotivo di una persona e, pertanto, nemmeno prevedere in modo preciso e matematico le sue future azioni.
Tuttavia, ci sono alcuni segnali che possono metterci in allerta quando qualcuno vicino a noi non sta bene. Molti di questi, come è già stato possibile osservare nel paragrafo precedente, sono tipici anche dei comportamenti alimentari. Eccone alcuni:
- La chiusura sociale
- La persona elabora pensieri di morte, sente di essere un peso e di non avere ragione di vivere
- La mancanza di speranza verso il futuro e senso di disperazione
- L’aumento dell’utilizzo di alcool e di droghe
- I repentini cambi d’umore come forte ansia fino ad un improvviso sollievo e miglioramento dei sintomi
Come essere d’aiuto a chi si trova in difficoltà?
Il dialogo, l’empatia e l’ascolto verso chi ci circonda sono elementi fondamentali per poter essere vicini a chi vogliamo bene.
Chiedere in modo diretto ad una nostra amica o ad un nostro amico oppure ad un familiare come si sente, se ha bisogno di parlare e di sfogarsi può essere d’aiuto. Non sempre chi sta attraversando un momento difficile può sentirsi di parlarne, ma sicuramente sapere che qualsiasi cosa stia attraversando noi siamo al suo fianco l* farà sentire meno sol*. Successivamente possiamo incoraggiare la persona a chiedere aiuto ad un* professionista della salute mentale, che ha gli strumenti adeguati per poter migliorare il benessere di chi amiamo.
Fonti
https://www.guidapsicologi.it/articoli/il-suicidio-unepidemia-silenziosa
https://www.stateofmind.it/2018/01/rischio-suicidio-anoressia-nervosa/
https://www.nationaleatingdisorders.org/eating-disorders-and-suicide/
L’articolo è stato scritto da Martina, volontaria dell’Associazione