L’1 luglio 2022 al festival Migliori di così svoltosi a Nembro (paese in provincia di Bergamo), la scrittrice, filosofa e co-fondatrice di Tlon Maura Gancitano ha tenuto un intervento intitolato “Il cambiamento della percezione di sé” in cui ha sollevato molte riflessioni interessanti, facendo inoltre riferimento al suo nuovo libro Specchio delle mie brame – la prigione della bellezza, edito da Einaudi.
Le sue osservazioni sono iniziate dai tempi attuali, sottolineando come essi meritino una riflessione ampia, sotto tutti i punti di vista, non solo quello scientifico ma anche quello filosofico, storico, psicologico…
Nascita del concetto contemporaneo di bellezza
L’intervento si apre con una considerazione su come sia cambiato il concetto di bellezza nel tempo. Oggi il bello è ciò che non disturba, che si conforma e adatta alla società. Al contrario, in passato il bello era qualcosa in grado di scuotere e quindi disturbare.
Da ciò si capisce quanto questa idea non sia naturale e innata nell’uomo, ma sia stata costruita dalla società, frutto di come le nostre esistenze siano state codificate.
Processo che inizia a metà 800 quando, con la nascita delle riviste, le persone hanno cominciato a sentirsi dire cosa dovessero fare e quali delle loro caratteristiche fossero problemi.
Con la comparsa della fotografia nel 1830, inoltre, iniziarono a diffondersi immagini come strumento di rappresentazione che lasciano spazio unicamente ad una tipologia di corpi, quelli conformi e socialmente considerati normali e giusti.
Questi bias cognitivi derivano dalla nostra educazione: ci è stato insegnato a pensare in questo modo, a giudicare le persone sulla base del loro aspetto e a dare etichette per incasellare e aiutare a controllare ciò che sembra sfuggire, al fine di mantenere l’ordine sociale.
Per avvalorare le affermazioni riportate è interessante utilizzare anche degli esempi scientifici, quali per esempio gli esperimenti di Cesare Lombroso, antropologo e psichiatra che a fine 800 cercò di delineare le caratteristiche della donna delinquente.
Un finto metodo scientifico che in realtà si basava solamente su stereotipi e paure del secolo.
Ma quindi, tutti i corpi sono uguali? No, indubbiamente no.
Per esempio dire ad una persona disabile che non lo è o far finta di non notare il colore diverso di pelle tra gli uomini sarebbe ipocrita e falso.
Il punto della questione è un altro, ovvero che qualsiasi corpo, indipendentemente dalla sua forma-colore-altezza-bellezza ecc. merita di essere degno di rispetto.
Sguardo maschile e corpi oggettivizzati
Diverse ricerche scientifiche, come la teoria dell’oggettivazione del 1997 di Fredrickson e Roberts o gli esperimenti sul movimento oculare, hanno evidenziato come il corpo femminile nella società sia percepito come mera cosa e sessualizzato.
Inoltre si sottolinea come nella storia la donna sia sempre stata ritratta da uno sguardo maschile: fiabe, romanzi, arti visive… Spesso tratteggiata come essere maligno, pericoloso e perfido.
Abbiamo imparato a vergognarci di determinate caratteristiche perchè ci è stato insegnato così proprio dallo sguardo maschile.
Solo recentemente (finalmente) anche le donne hanno potuto iniziare ad auto-rappresentarsi, cambiando così la visione di genere che si era cristallizzata.
Società mediale e nuove difficoltà da gestire
Una nuova difficoltà che si presenta nella contemporaneità è quella di abitare i social.
Se prima certi concetti, quali quello di bellezza e bruttezza, rimanevano privati, ora tutto è di pubblico dominio.
I social non sono da demonizzare in sè. Vi si possono trovare moltissime occasioni di scambio con persone diverse, utili per imparare ed accogliere differenti punti di vista. È tuttavia importante imparare ad utilizzarli in modo positivo e non tossico.
Non è raro infatti trovare discorsi colpevolizzanti quali il “Se vuoi puoi e se non ci sei riuscito è perché non ci hai provato abbastanza”.
Il ruolo dei social nella costruzione di un ideale di bellezza standard a cui aspirare e la conseguente discriminazione dei corpi non conformi è un problema urgente che deve essere trattato con molta attenzione.
L’esempio che fa Maura Gancitano è quello della parola “inclusività” di cui ormai si sente parlare spessissimo e forse abusare.
Il concetto è più che giusto, ma spesso viene rispettato solo a parole e non con i fatti (esempio i costumi che comunque vengono quasi sempre rappresentati su corpi ritenuti standard, facendo sentire le persone ancora più inadeguate).
Il senso di inadeguatezza e la tendenza a colpevolizzarsi è stata dimostrata anche da esperimenti scientifici.
Uno di essi ha preso un campione di donne e le ha messe a fare esercizi di matematica elementari; metà del campione vestito e l’altra metà in costume e si è dimostrato quanto le donne in costume fossero meno concentrate e i loro risultati fossero inferiori.
Questo perchè il nostro cervello, così abituato ad auto-giudicarsi, una volta visto il corpo scoperto e non nascosto dal vestito si attiva. Successivamente, anche se in modo inconscio, questi pensieri iniziano a monopolizzare l’attenzione e quindi non permettono il suo funzionamento al massimo delle sue potenzialità.
Ha senso la dicotomia brutto/bello?
In un libro scolastico di quando era più piccola Maura Gancitano ricorda di essere stata colpita dalla Fiaba settecentesca di Bruttina e Belloccia. La storia parla di due sorelle descritte rispettivamente come bella ma superficiale e brutta ma intelligente.
Questa dicotomia l’aveva colpita così tanto che lei stessa ammette di aver rinunciato a cose proprio perché ormai aveva deciso di doversi identificare con la ragazza intelligente e quindi si sentiva in difetto a prendersi cura della propria bellezza, perché indirettamente la ricollegava alla stupidità.
Ha giudicato certe cose estranee da sé e ha limitato alcune sue esperienze perché considerate frivole.
Ma è proprio vero che esiste una dicotomia? Una cosa esclude l’altra?
Ma quindi, dove sta la soluzione?
Ricercare la bellezza e la cura di sé non è un errore a priori. Viviamo immersi nella società e quindi il nostro corpo non potrà mai essere del tutto neutro.
La cosa fondamentale è capire quale sia la misura che fa bene per noi. Non ci sono né formule aritmetiche né verità assolute, sono concetti che cambiano da persona a persona.
Il giusto compromesso sarebbe fare in modo che preoccupazioni di questo tipo ci siano, ma senza affollare la testa da pensieri ossessivi. Questi rischiano di distrarre da ciò che realmente importa (le relazioni, l’amore, la condivisione, la spensieratezza…).
Proprio perché questi concetti ci sono stati insegnati significa che possono essere cambiati.
Il cervello umano, come ricorda la filosofa Maura Gancitano, è “elastico” e quindi le vecchie convinzioni possono (e devono) essere sostituite da nuove, veramente inclusive e rispettose per tutti.
Sicuramente è un percorso molto lungo ma si può realizzare un passo alla volta: partendo prima da sé stessi, imparando a non auto-giudicarsi e auto-colpevolizzarsi, lasciando da parte l’ossessione dello sguardo, per andare invece alla ricerca di emozioni.