Il ruolo della socialità nel recovery dai Disturbi Alimentari

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Nel seguente articolo analizzeremo il ruolo che la socialità ha nel percorso di recovery da malattie come i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) e la Depressione. Seppur la socialità, nella sua assenza specialmente, può essere considerata uno dei fattori di rischio per l’insorgenza di queste malattie, può anche diventare uno dei mezzi principali di guarigione. 

La socialità e il suo impatto sulla salute

Secondo la Treccani, questa è la definizione di socialità: “convivenza sociale; tendenza degli individui alla convivenza sociale”. Siamo animali sociali, questo è un dato di fatto. 

George B. Shaw, scrittore e drammaturgo irlandese, premio Nobel per la letteratura, disse: “Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”.

La socialità è la base della nostra conoscenza e del potere dell’uomo. Secondo alcuni studi scientifici la socialità è fondamentale per il benessere mentale e fisico. 

Secondo uno studio, la socialità ha un ruolo centrale nella guarigione da numerose patologie psichiatriche. Secondo questo studio, universitari e lavoratori che sperimentano connessioni reali e relazioni significative hanno più strumenti e capacità per affrontare le situazioni di disagio. Allo stesso modo, anche i genitori possono sopportare meglio lo stress e la vulnerabilità propri e dei propri figli.

Nelle conclusioni dell’articolo si vede come la socialità può aiutare contro l’ansia sociale, l’ansia generalizzata e contro i momenti difficili e di malessere, grazie al supporto della community e all’aiuto degli amici.

I benefici della socialità sono quindi: la riduzione dello stress, il miglioramento dell’umore e l’aumento dell’autostima.

Il terzo luogo

Ray Oldenburg ha creato la teoria del “terzo luogo” (third place). 

Il sociologo considera che il primo luogo è quello in cui si vive, mentre il secondo è quello in cui si lavora. Il terzo luogo è lo spazio separato da questi due ambienti sociali abituali: è il luogo in cui ci si svaga, si sta con gli amici, si socializza e ci si incontra. Per esempio, se guardassimo alla famosa serie tv How I Met Your Mother, il terzo luogo può essere trovato nel pub Mcgee’s. In Friends, c’era il bar Central Perk. 

Oldenburg ha teorizzato che nella vecchia generazione ognuno aveva il suo terzo luogo, mentre nella generazione corrente il terzo luogo sono i social network e gli spazi virtuali. 

La socialità online come arma a doppio taglio

Sui social network siamo bombardati ogni giorno da giudizi: sul corpo, sul cibo, sulla personalità… Che siano su di noi o su altre persone, influencer o celebrità, i commenti negativi sono inevitabili. La socialità, che si è trasformata nella nostra storia in social, ci ha disconnesso invece di connetterci. 

Iniziamo a dare troppo peso al giudizio altrui, iniziamo a voler fare bella figura (o ad avere una bella figura) e così ci annulliamo. La nostra presenza esiste solo in relazione alla valutazione altrui. Al momento è nato il movimento del body neutrality, che dice che il corpo è solo un corpo, solo un mezzo per compiere azioni. Non c’è bisogno di condannarlo o glorificarlo. È solo un corpo. Sono solo due gambe per correre e saltare e muoversi, due braccia per stringersi. 

Così, molti si ammalano. E si annullano, si perdono. Nel controllo del corpo perdono l’identità, il sorriso e la voglia di vivere di un tempo. Per voler fare bella figura, alla fine, si riducono a fare scena muta. Per voler fare bella figura, si deformano. 

Staccare dai social per riappropriarci della socialità

È stato scientificamente dimostrato che molta della nostra ansia deriva dai social network. 

Per questo motivo, dobbiamo imparare a dosare la nostra presenza online per preferire la compagnia dei nostri amici, parenti, partner faccia a faccia. Per stare nella vita e non postarla. Per vedere le cose senza un filtro, senza alcuna modifica. 

Stare con gli amici e partecipare a eventi sociali è consigliato da moltissimi psicologi e psichiatri. Come già detto, l’uomo è un essere sociale. Siamo nati per stare in gruppo. Dobbiamo valorizzare le nostre relazioni e prendercene cura. È tutto più bello se fatto in compagnia: dallo studio al lavoro, dallo sport allo zapping, dalle vacanze a un semplice pasto in casa.

Il ruolo della socialità nel recovery dai DCA

La socialità si svolge attraverso tre attori, che in inglese vengono identificati con le 3 F: Family, Friends and Fools, dove i Fools sono i “matti” che vi supporteranno in ogni idea, in ogni follia che avrete voglia di intraprendere. 

Nel recovery da Disturbi del Comportamento Alimentare, la socialità e questi tre attori sono fondamentali. La presenza dei propri cari fornisce infatti l’ascolto, empatia, compagnia e supporto in momenti di difficoltà. Non bisogna dimenticare il coraggio che gli amici e la famiglia ci danno, nei momenti in cui a noi manca.

La famiglia, in particolar modo, funge anche da modello di esempio di comportamenti positivi e propositivi. Questo è fondamentale quando un parente sta affrontando un Disturbo del Comportamento Alimentare, o qualsiasi altra malattia, come la Depressione Maggiore o il Disturbo d’Ansia Generalizzato. La famiglia è il primo passo per togliersi dall’auto-isolamento e rientrare nella vita sociale. 

All’interno dei percorsi di cura residenziali o semiresidenziali, a sostegno di questa tesi sull’importanza della socializzazione, sono spesso strutturate attività di gruppo. Le attività creative di gruppo sviluppano le relazioni sociali e spingono i pazienti a creare nuovi legami duraturi.

Anche Animenta è convinta del potere della condivisione e dell’incontro con l’altro e, per questo, organizza dei laboratori diurni con il contributo di Danone Nutricia SPA e dei gruppi di supporto.

Perchè condividendo, stando insieme e uniti, è possibile guarire.

L’articolo è stato scritto da Cecilia, volontaria dell’Associazione

Contenuto a cura di Animenta

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