Inside Out 2, film di animazione della Pixar, è uscito nelle scorse settimane sul grande schermo. Con i suoi colori sgargianti e le ambientazioni creative, Inside Out 2 ci trasporta all’interno della mente dell’adolescente Riley. Qui ritroviamo le emozioni che ormai, nel corso del decennio dall’uscita del primo capitolo, abbiamo imparato a conoscere: Gioia, Rabbia, Tristezza, Disgusto e Paura. Ma nuove emozioni prendono il sopravvento, mostrandoci la complessità dell’affettività umana. Ma come vive le emozioni una persona che soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA)?
Disgusto
Chi soffre di DCA può provare Disgusto sotto tantissimi punti di vista.
Il Disgusto, nell’ambito di una psicopatologia complessa come questa, si può manifestare infatti in vari modi. Prima di tutto, il Disgusto avviene solitamente nei confronti di Sè. Il primo accenno di questa emozione, infatti, si può provare nel momento in cui, guardandosi allo specchio e attuando pratiche di body checking, non si trova bello il proprio corpo e la propria immagine. Questo giudizio, questo “non piacersi”, si radica in profondità e diventa il centro di sfogo per un “non piacersi” a volte morale, comportamentale, o legato a determinate situazioni. Quindi, si può iniziare a non trovare bello il proprio corpo perché questo diventa il mezzo e lo strumento per una svalutazione personale molto più profonda della sola immagine corporea.
Al contempo, il Disgusto può essere auto-costruito: in un regime alimentare legato ad un DCA, non è raro che vengano escluse intere macro-categorie di cibi a causa del loro apporto calorico o delle caratteristiche fisiche (specialmente nel caso dell’ARFID). Escludere e restringere non è però semplice, nemmeno a livello inconscio, quindi è frequente trovare degli escamotage per convincerci che quel determinato elemento non lo possiamo mangiare. E così, ci convinciamo che non ci piaccia, che ci disgusti.
Paura
Chi soffre di disturbi alimentari sa cosa significa avere Paura.
La Paura, nei DCA, è estremamente radicata e porta le persone che soffrono di queste patologie a vivere con “le antenne sempre alzate”, per prevedere i pericoli che si nascondono dietro ogni angolo. Emozioni come la Paura possono nascere nel momento in cui ci si trova nel momento del pasto, con un piatto davanti. Possono sorgere davanti ad uno specchio o davanti ad altre persone. Possono essere generate da un alimento, un condimento o un esercizio fisico mancato.
La Paura, poi, può sorgere nel momento in cui si iniziano a notare i primi cambiamenti fisici, come per esempio la perdita dei capelli o l’amenorrea, così come l’aumento o l’abbassamento radicale di peso.
Infine, la cosa che spaventa più di tutto una persona che soffre di DCA, è abbandonarlo. È iniziare un percorso di cura, fare dei passi avanti e lasciarsi alle spalle la casa sicura che il disturbo alimentare rappresenta. È lasciarsi aiutare, aprirsi e mollare tutto ciò che per tanto tempo è stato percepito come la propria salvezza.
Ansia
Ansia è l’estremizzazione della Paura: è la Paura di tutto, persino di cose non ancora accadute. È la paura dei “se”, dei “forse”, dei “magari”. È una Paura irrazionale in grado di bloccarci. Per chi soffre di DCA, Ansia è una fedele compagna, perché la malattia si basa su infiniti “Se”.
“Se mangio quello ingrasserò e sarò brutt*”, “se non faccio esercizio oggi non potrò mangiare stasera”, “se non ho quel fisico, nessuno mi amerà”.
I disturbi alimentari prendono le nostre insicurezze e le amplificano tanto da renderle paure paralizzanti. L’Ansia lavora così e quindi ci porta a pianificare tutto nel dettaglio, a organizzare, a pesare, a contare, a calcolare. Solo che la vita, a volte, è fatta di imprevisti che non si possono calcolare. Imprevisti che possono portarci a scoprire cose bellissime e a vivere esperienze meravigliose.
Rabbia
Anche la Rabbia, in una persona che soffre di DCA, è un sentimento noto.
La Rabbia nasce nel momento in cui qualcosa non va secondo i piani, quando tutto ciò che si era calcolato nel dettaglio si rivela diverso. La Rabbia sorge quando qualcuno, con le migliori intenzioni, inizia ad evidenziare i comportamenti disfunzionali che si mettono in atto. E nasce dalla sensazione di incomprensione che si prova quando non c’è nessuno intorno a Sè che possa aiutarci e, al contempo, lasciarci proseguire con il nostro stile di vita malato. Sentirsi arrabbiati, frustrati o nervosi è normale all’interno della quotidianità di chi convive con un disturbo alimentare.
Tristezza
Un DCA non è solamente un problema con il cibo o con l’alimentazione: questi, infatti, sono solo le manifestazioni di qualcosa di molto più profondo. E spesso, in profondità si cela tanto dolore.
La Tristezza, per chi convive con un disturbo alimentare, è una cosa conosciuta. La Tristezza si nasconde nei momenti di solitudine, di incomprensione e di giudizio da parte degli altri. Si può trovare nel momento in cui non si raggiunge l’obiettivo che ci si era prefissati, oppure nel momento in cui tutti i sacrifici fatti in nome del DCA sembrano essere inutili. La Tristezza arriva (o meglio, accompagna costantemente) e occupa un enorme spazio dentro il cuore di chi fatica ad accettare sé stesso, il proprio essere e il proprio vissuto.
E Tristezza è l’emozione che funge da anello di congiunzione per tutte le altre: infatti, Tristezza va a braccetto con Rabbia, Imbarazzo, Paura e Invidia.
Noia
Noia è l’emozione che più rappresenta il senso di chiusura che sperimentano coloro che soffrono di DCA. La Noia è la rappresentazione della mancanza di voglia, di passione, di scintilla vitale. La Noia è quella che all’esterno può essere scambiata per apatia (ma che stiamo vedendo essere tutto il contrario).
Chi soffre di disturbi alimentari spesso perde la passione verso qualsiasi attività, perché tutte le energie sono direzionate verso il controllo del cibo e del corpo. La Noia porta a sarcasmi e a menefreghismi, a disinteressi e a superficialità tali da rovinare, molto spesso, i rapporti che le persone intessono le une con le altre. In questi casi, però, è il DCA a parlare: il disturbo alimentare può portare a chiudersi in sé stessi, a evitare gli altri e/o a trattarli con superiorità. Ma dobbiamo sempre tenere a mente che l’aiuto e il supporto degli altri è fondamentale per superare la malattia.
Inoltre, spesso la Noia funge da meccanismo di difesa: essa permette infatti di tenere lontano tutto ciò che ci può fare del male, che può danneggiare noi stessi o, il più delle volte, la stabilità del nostro DCA.
Imbarazzo
A braccetto con Paura e Tristezza, ecco l’Imbarazzo. Chi vive con un disturbo alimentare conosce bene il significato e le reazioni che questa emozione può provocare.
L’Imbarazzo è uno dei motori principali dei comportamenti tipici di un DCA. È dall’Imbarazzo che nasce la volontà di cambiare e di attuare dei comportamenti per migliorarsi: anche se, poi, la malattia introduce comportamenti disfunzionali più dannosi che migliorativi.
L’Imbarazzo può nascere da ogni piccola cosa: dall’esporsi in classe per rispondere ad una domanda e sentirsi tutti gli sguardi addosso, dal non voler ordinare le stesse cose che ordinano tutti al ristorante o dal mangiare con tempi diversi da chi ci sta accanto. Imbarazzo arriva nel momento in cui ci si confronta con qualcun altro e si notano delle differenze, dal non eccellere in qualche disciplina o ambito o dal sentirsi esposti in un momento di fragilità. L’Imbarazzo è vergogna verso noi stessi, il nostro apparire e il nostro comportarci, e in un DCA questo sentimento è all’ordine del giorno. Il problema sorge nel momento in cui l’Imbarazzo si fa così grande, pervasivo, e stringente da spingerci a rifiutare delle opportunità, a declinare delle proposte, a chiuderci in casa e in noi stess*.
Invidia
Con l’Imbarazzo e il disgusto verso sè stess* arriva anche l’Invidia. Subdola e spesso non riconoscibile, l’Invidia agisce a livello emotivo in modo estremamente potente.
Dal momento in cui il nostro corpo o la nostra presenza non ci piace e ci provoca vergogna, è normale cercare altrove un modello a cui tendere per migliorarsi. E così si iniziano ad intessere le sottili reti dell’Invidia: verso i corpi altri, verso le routine altrui, verso lo stile di vita altrui.
L’Invidia genera, e al contempo è generata, dal confronto costante con chi ci sta attorno o con modelli mainstream che possiamo vedere in tv o sui social. Il desiderio, in chi soffre di DCA, è troppo spesso silenziato, zittito e non assecondato: l’unico desiderio che ci si permette di provare è quello di voler essere altro. Altro corpo, altro peso, altra forma. Altra vita.
Gioia
Infine, Gioia.
La Gioia in un DCA è un’emozione complessa, in quanto viene spesso ignorata o trascurata a favore di una concentrazione eccessiva su peso, cibo e corpo. Ogni momento, anche il più felice, può non essere tale per chi soffre di DCA, perché le attenzioni sono rivolte ad altro.
Ma la Gioia è l’emozione che può spingerci alla rinascita e alla vita. È l’emozione che, una volta riconosciuta dopo un lungo periodo di silenzio, può dimostrarsi più forte delle altre: può zittire le forze del DCA e spingerci a chiedere aiuto.
Il percorso di guarigione, poi, è anche questo: reimparare a conoscere la Gioia, a ritrovarla nelle piccole cose della vita. A comprendere che Gioia è ciò che può sostenerci e aiutarci anche nel momento di sconforto. Momento che è normale, necessario, fondamentale: serve a farci vivere la vita appieno, in tutte le sue sfaccettature. Ma è un momento che diventerà istruttivo e formativo solo nel momento in cui lo guarderemo con l’entusiasmo, la forza e la vitalità di una Gioia ritrovata.
La complessità delle emozioni in un DCA
Un DCA è una patologia complessa, articolata, multifattoriale e che pervade ogni ambito della vita di chi ne soffre. Questo articolo è nato per due motivi: aiutare chi sta male e informare che sta accanto ad una persona con un DCA.
Per i genitori, i parenti, gli amici e i cari, stare accanto ad una persona con un DCA non è facile. Numerosissimi sono i momenti di sconforto, di impotenza, di confusione. Molti sono i momenti in cui si sente il bisogno di prendersi una pausa, di allontanarsi. E sono proprio i disturbi alimentari a volere questo allontanamento. Avendo ora compreso cosa significa avere un DCA dal punto di vista emotivo, cosa comporta vivere con una seconda coscienza malata, proviamo a tenerlo a mente. Ricordiamoci che non è la nostra persona amata a parlare o ad agire, ma il DCA e le emozioni da lui controllate. E stiamo vicini a chi amiamo, anche nel momento più duro, con la possibilità di chiedere aiuto a nostra volta.
Per chi invece un DCA lo conosce sulla propria pelle, non sei sol*. Le tue emozioni sono cambiate, sono ingigantite, sono controllate dalla tua malattia, ma c’è una via d’uscita. Chiedi aiuto, ascolta i professionisti e impara anche ad ascoltare te stess*.
Le nostre emozioni sono le nostra compagne di vita: imparare a comprenderle, riconoscerle e ascoltarle può portarci a viver meglio con noi stessi e con chi ci sta vicino.