L’arteterapia nel percorso di recovery da un disturbo alimentare

arteterapia nel percorso di recovery da un disturbo alimentare

Il disegno, la musica, la scrittura: sono tutte attività che utilizzano mezzi espressivi diversi dalla parola. Non si tratta di avere particolari doti artistiche, ma solo di liberare la propria creatività e lasciare che le nostre emozioni più profonde, quelle che a volte cerchiamo di soffocare e finiscono per procurarci tanta sofferenza, vedano la luce. 

I disturbi del comportamento alimentare portano spesso con loro una grande difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni e il proprio dolore, tanto che la malattia diventa l’unico modo possibile per gestire tale sofferenza. Ed è proprio per questo motivo che utilizzare mezzi diversi dalle parole (immagini, colori, oggetti, musica), permette di ‘raccontare’ la propria storia e il proprio vissuto in un modo nuovo, più spontaneo e naturale. 

L’arteterapia come unione tra corpo e mente

Inoltre, l’arteterapia permette di trovare un punto di contatto tra mente e corpo. Ciò che prima rimaneva rinchiuso nella nostra mente, diventa qualcosa di tangibile grazie a un lavoro motorio e sensoriale. Il corpo non è più un nemico, come spesso accade a chi soffre di un disturbo alimentare, ma diventa un alleato per creare qualcosa di unico che parla di noi. 

Si tratta di un vero e proprio processo di svelamento che conduce ad una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni e dei propri pensieri. Successivamente, le emozioni emerse grazie all’arteterapia, possono anche essere rielaborate in un percorso di psicoterapia sia individuale che di gruppo.

La dottoressa Jill Sonke, ricercatrice all’Università della Florida, conferma che diversi studi sul ruolo dell’arte nella medicina hanno dimostrato come prendere parte ad attività di tipo creativo e artistico, ma anche semplicemente visitare un museo o assistere a un concerto, abbia un impatto positivo sulla salute mentale. Non esiste quindi un’attività migliore di un’altra: si tratta di trovare la propria strada per lasciare fluire le emozioni e sentirsi liberi di esprimersi. Qui proponiamo solo alcune delle possibilità.

La tecnica dei tre disegni

La “tecnica dei tre disegni” è stata ideata dello psichiatra James S. Gordon ed è contenuta nel suo libro “Your Brain on Art: How the Arts Transform Us”. Essa consiste nel disegnare, in ordine: un’immagine di sé stessi, un immagine di sé assieme al proprio principale problema e, infine, un’immagine di sé dopo aver risolto quel problema. 

L’obiettivo di questo esercizio è raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e mettere in evidenza il ruolo attivo che ognuno di noi può avere nel proprio percorso di guarigione.

La Mandala Therapy

Un’altra attività che risulta molto efficace nel gestire l’ansia e distaccarsi dai pensieri disturbanti è la “Mandala therapy”, che consiste nel colorare disegni geometrici complessi. Susan Albers, psicologa clinica della Cleveland Clinic e autrice del libro “50 modi per vincere la fame nervosa”, definisce questa attività come una ‘mini vacanza mentale’. Concentrarsi sul disegno e scegliere i colori che più ci piacciono ci aiuta infatti a rimanere nel presente e allontanare altri pensieri. La definisce anche “un’ottima forma di meditazione per coloro che odiano la meditazione”.

La musica come parte dell’arteterapia

La musica è senza ombra di dubbio un’altra forma d’arte in grado di diminuire i livelli di ansia e stress, sia tramite l’uso passivo (ascolto) che attivo (canto). Si tratta infatti di un altro mezzo di comunicazione non verbale che permette di raggiungere le nostre emozioni più profonde e poi lasciarle fluire ed esprimersi attraverso il canto. Quest’ultimo ha evidenti effetti benefici a livello fisico: è stato infatti dimostrato che riduce i livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. 

L’arteterapia a parole: scrivere poesie

Il dottor Frank Clark, oggi psichiatra e professore alla facoltà di Medicina dell’Università del Sud Carolina, scrisse la sua prima poesia quando era uno studente e, soffrendo di depressione, cercava un modo per riempire il vuoto che sentiva dentro. 

La scrittura, racconta lo psichiatra, fu per lui il mezzo per riuscire a mettere nero su bianco i pensieri che gli riempivano la testa e le emozioni che non riusciva a esprimere. La poesia rappresentò per lui il tassello mancante del suo personale puzzle del benessere. 

E infine…il diario della gratitudine

Non si tratta di una vera e propria forma di arteterapia, ma se pensiamo alla scrittura come mezzo per dare forma a ciò che non riusciamo a verbalizzare a voce, il “Diario della gratitudine” è senza dubbio un utile strumento che ci può aiutare a concentrarci sulle cose belle che la vita ci regala. Fermarci ogni sera, anche solo per 5 minuti, a ripensare alla nostra giornata concentrandoci sugli aspetti positivi, è un ottimo esercizio per allenarci ad avere un atteggiamento positivo e dimenticarci per un po’ di ciò che invece ci fa soffrire.

Il “Diario della gratitudine” può accompagnarci in ogni giornata e passo della guarigione da un DCA e anche oltre: può essere spinta, conforto e certezza quando tutto sembra confuso.

L’articolo è stato scritto da Erika, volontaria dell’Associazione

Contenuto a cura di Animenta

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