Che ci si creda o no, esiste un divario di genere nella relazione tra reddito e peso: le donne ricche sono, secondo numerosi studi, tendenzialmente più magre delle loro controparti più povere. Al contempo, però, questa differenza non sussiste in modo significativo per il genere maschile, dove ricchi e poveri presentano solitamente variazioni di peso minime. Perché i ricchi decidono di mangiare meno? E perché questo fenomeno intacca maggiormente il genere femminile? Questo articolo del The Economist analizza il funzionamento di questa economia della magrezza.
Partiamo dallo stigma sul peso
Il weight stigma, o stigma sul peso, è un fenomeno estremamente diffuso nelle società odierne. I comportamenti sociali di disprezzo e critica nei confronti dei corpi grassi possono avere dei riscontri estremamente dannosi: a livello individuale, in termini di autostima e self acceptance, e a livello sociale, in termini di isolamento e vergogna. Il test di “pregiudizio implicito” condotto dall’Università di Harvard chiede a chi lo esegue di associare persone di etnia, sesso, orientamento sessuale o peso diversi a parole come buono o cattivo. In generale, i risultati vanno in direzione positiva: la discriminazione sulla base dell’etnia e del sesso è diminuita nell’ultimo decennio. Le associazioni negative con le persone della comunità queer sono diminuite di un terzo. Il peso è però un’eccezione: gli atteggiamenti verso le persone con corpi grassi sono diventati più negativi.
Inoltre questi bias sul peso hanno un effetto sulla persona anche in termini economici. In che modo?
L’obesity pay gap è una tipologia di divario salariale che penalizza le persone affette da obesità. Da tempo, vari studi dimostrano come i lavoratori con obesità, ovvero quelli con un indice di massa corporea (BMI) pari o superiore a 30, percepiscano un salario significativamente più basso rispetto ai loro colleghi più magri.
“Un contesto sociale in cui il corpo grasso è così fortemente stigmatizzato predispone il paziente a fare qualunque cosa per uscire da questa “situazione” nel minor tempo possibile” afferma Edoardo Mocini in una sua intervista.
Lo stigma sul peso è perciò uno degli elementi fondamentali da tenere in considerazione nell’analisi del fenomeno dell’economia della magrezza: in un mondo che penalizza le persone grasse in termini di stipendio e guadagno, ogni individuo cercherà, come afferma Mocini, di evitare queste limitazioni. Modificare il proprio corpo per entrare in un’economia che permetta di mantenersi diventa, per molti, una vera e propria necessità.
Il “peso” dell’essere donna
A questa situazione già complessa, bisogna aggiungere un altro elemento: il ruolo della donna, nella nostra società, è ancora estremamente stereotipato o/e oggettificato.
A livello economico si sente spesso parlare di gender pay gap, ovvero il divario salariale che vede il sesso femminile percepire uno stipendio inferiore rispetto alla propria controparte maschile. Lo stereotipo della donna non lavoratrice, madre e moglie, influenza in modo chiaro il modo in cui le donne stesse operano e si sentono nel mondo del lavoro.
Se si prende in considerazione l’unione tra i divari salariali dovuti al peso e al genere, risultano evidenti le difficoltà delle donne grasse nel lavoro. Le donne in sovrappeso o con obesità sono penalizzate dal punto di vista salariale. Gli studi indicano che le donne con obesità guadagnano circa il 10% in meno rispetto alle loro coetanee più magre.
Secondo questa lettura del fenomeno è possibile comprendere come l’ideale della magrezza sia sostenuto dagli incentivi economici e dalla pressione sociale posta sul ruolo della donna. Visto ciò, quindi, è comprensibile come le dinamiche connesse all’economia della magrezza siano molto più evidenti nelle donne rispetto che negli uomini. In America e in Italia la relazione tra reddito e peso o obesità è piatta per gli uomini e inclinata verso il basso per le donne. In altre parole, le donne ricche sono molto più magre delle donne povere, ma gli uomini ricchi sono grassi quanto gli uomini poveri. Questi dati indicano una sola spiegazione: forse essere magre aiuta le donne a diventare ricche.
L’economia della magrezza come simbolo di uno status
Mentre in passato la grassezza era un simbolo desiderabile di status elevato e ricchezza, nell’epoca contemporanea le tendenze si sono invertite. La nostra società, incentrata sul lavoro, lascia poco tempo alle persone, soprattutto a quelle a basso reddito, per pianificare, acquistare e cucinare cibi sani o fare esercizio fisico. “Questo è un motivo fondamentale per cui la grassezza è oggi più associata alle classi lavoratrici rispetto alla magrezza”.
Oggi, un segno di vera ricchezza è la capacità di rinunciare completamente al cibo. Mangiare tradisce essenzialmente i bisogni umani più elementari di una persona: in un’epoca ossessionata dall'”auto-ottimizzazione”, non mangiare suggerisce che una persona è in qualche modo “al di là” dei bisogni e ha raggiunto la totale padronanza del proprio corpo con una maggiore capacità di efficienza e concentrazione.
Un articolo di DazedBeauty approfondisce le tendenze del digiuno estremo tra i ricchi, visto come una dimostrazione di padronanza dei bisogni primari. Queste pratiche servono come esibizione di status, perpetuando l’idea che rinunciare completamente al cibo sia un segno di vera ricchezza e di autocontrollo.
Il testo esplora la rappresentazione del cibo e delle abitudini alimentari nel contesto della classe e dello status nella serie televisiva Succession. Viene analizzato il rapporto tra cibo, immagine corporea e dinamiche di classe, evidenziando i cambiamenti negli ideali culturali relativi alle dimensioni del corpo e al consumo di cibo.
Il prezzo troppo alto dell’economia della magrezza
Colleghiamo i puntini. Le donne con obesità vanno incontro a due problematiche importanti: il gender pay gap e l’obesity pay gap. Questo rende ardua la carriera e il guadagno e, unendo a tutto ciò anche i luoghi comuni sul corpo femminile, il mondo del lavoro diventa un campo minato di difficoltà e ostacoli. La soluzione (apparentemente semplice e immediata) è dietro l’angolo: dimagrire e mangiare meno. Questa soluzione è costantemente rafforzata dalla diet culture e dall’idea che controllare i propri istinti naturali sia desiderabile e simbolo di ricchezza.
Ma pensiamo anche all‘enorme costo che tutto ciò comporta su tutte le donne e le ragazze. È impossibile muoversi nel mondo come donna e non notare il tempo, l’energia e l’investimento che le donne fanno per controllare il corpo. Rinunciare a questo pensiero costerebbe loro letteralmente il loro stipendio.
Ma così non dovrebbe essere. La ricerca della magrezza può andare a scapito di altre cose importanti, come l’impegnarsi in altre attività, la socialità o godersi il cibo in quanto tale. Può andare a discapito della salute mentale delle donne, della salute fisica e della loro intera esistenza. Dovremmo superare lo stigma sul peso e i pregiudizi sulla donna e la ricchezza, in modo da vivere al meglio e abbattere, definitivamente, l’economia della magrezza.