Food craving e isolamento: esiste una correlazione?

food craving e isolamento: esiste una correlazione?

Quante volte durante una serata passata in solitudine tra le mura domestiche ci è capitato di aver voglia di mangiare qualcosa di poco salutare per appagare il nostro palato e mettere a tacere i brutti pensieri? Questo si chiama “food craving” e qui indagheremo il possibile rapporto che ha con l’isolamento.

Desiderio o ‘craving’ alimentare?

Molti studiosi hanno pensato che esistesse una stretta relazione tra la solitudine e il “food craving” o “craving” alimentare. Craving è un termine di difficile traduzione, connesso da sempre alle dipendenze. Nella sfera alimentare possiamo considerarlo come il desiderio incontenibile di cibo, ove è presente l’inabilità o la difficoltà di gestione alimentare da parte della persona (Holtzman, 2019).

Il food craving è quindi molto più di una semplice voglia, è un vero e proprio desiderio irrefrenabile rivolto ad un alimento in particolare, che la maggior parte delle volte è un dolce o un junk food, accompagnato da un annebbiamento della mente da altri pensieri.

Il food craving, per sua natura, è un sintomo molto frequente in disturbi alimentari come il Binge Eating Disorder. Periodi di restrizione alimentare possono infatti portare a desiderare intensamente determinati cibi: nel momento in cui questi cibi si presentano, diventa difficile rinunciarvici, finendo spesso per mettere in atto le cosiddette “abbuffate“.

In uno studio su 93 donne è emerso che coloro che percepivano un maggior senso di solitudine erano più portate a livello neuronale a desiderare cibi ipercalorici. Lo zucchero presente in questi cibi crea nel cervello un’attivazione simile a quella provocata da alcune droghe eccitanti. Per questo motivo siamo più portati a ricercare cibo spazzatura quando percepiamo un umore depresso, che nella maggior parte dei casi si amplifica quando siamo soli.

Solitudine o isolamento?

L’attenzione sull’isolamento e la sua correlazione con i disturbi alimentari è aumentata in seguito alla pandemia da Covid-19. Per circa un paio di anni siamo stati costretti a passare moltissime ore della giornata in casa avendo pochi rapporti sociali. Questo inevitabilmente ha portato all’accentuarsi di pensieri disfunzionali che, per chi era già predisposto, si sono sviluppati in un disturbo alimentare. 

Queste analisi evidenziano ancora una volta come i disturbi alimentari non riguardano mai solo il cibo o la forza di volontà. Si parla di un vero e proprio circolo vizioso, che in questo caso può essere: mi sento in colpa, sono triste, mi isolo, mangio per provare almeno per qualche minuto una sensazione piacevole, mi sento in colpa. Correlando questi stimoli il cervello impara così che l’unica risorsa per trovare conforto è mangiare ciò che mi appaga.

Non sei sol*

Per questo tipo di “circolo vizioso” bisogna agire alla base, ossia sulla sensazione di solitudine. Cercare, per quanto possibile, di non isolarsi soprattutto nel momento dei pasti e allo stesso modo cercare di stare bene anche da soli tramite anche un intervento terapeutico.

Anche se a volte ci si sente sol*, l’aiuto e la compagnia degli altri può aiutarci a superare momenti difficili.

L’articolo è stato scritto da Lucia e Francesca, volontarie dell’Associazione

Contenuto a cura di Animenta

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