Animenta racconta i disturbi alimentari – la storia di Francesco

Il mio inferno col Binge Eating

A fine estate 2015, a 23 anni, durante la transizione 3°- 4° anno di università, i miei genitori avevano acconsentito a farmi fare un’altra esperienza fuori casa, visti i buoni risultati dopo aver vissuto per circa mezz’anno alle residenze della mia università da gennaio dello stesso anno, nonostante casa mia distasse appena 10km, poco più di 20 minuti di macchina.


Hanno accolto la mia richiesta perché non riuscivo a dare esami e perché il clima fra noi era ormai insopportabile.


Tengo a precisare che i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla, ma una volta al liceo quel che avvertivo come forte privazione, erano le dimostrazioni di affetto e l’ascolto da parte loro, avevo tutto tranne questo. In casa non si era soliti manifestare nessuna debolezza e di riflesso io non mi sentivo capito. Le mie esigenze emotive sembravano non interessargli.


Il rapporto con i miei, specialmente con mio padre, non andava affatto bene. Uno dei motivi era il mio sentirmi come una fabbrica di esami da parte loro e non solo durante l’università, ma anche al liceo sentivo di venir apprezzato praticamente solo se produttivo, e di conseguenza tendevo a chiudermi sempre più con loro.

Da lui non sentivo di esser ascoltato adeguatamente, anzi nulla affatto, ma ci mettevo anch’io del mio in quanto ero particolarmente chiuso, non lasciavo trapelare nulla, nessun problema. Non riuscivo più ad avere un normale rapporto con loro e capitavano giorni, anche settimane, in cui mi rinchiudevo in camera e aspettavo il momento giusto che il bagno si liberasse per adempiere alle mie funzioni vitali e che non ci fosse nessuno in cucina per prendere il cibo da mangiare poi nella mia stanza.

Il saluto freddo ce lo scambiavamo io e mio padre solo se capitava di incrociarsi, mentre a mia madre riuscivo a comunicarle qualche frase, molto spesso controvoglia.

Durante il mezzo anno di residenze, durato da gennaio 2015 a luglio dello stesso anno, sono riuscito a sbloccarmi appieno con lo studio. Mi serviva in quanto reduce da troppi mesi di studio davvero disastrosi a fine 2014, durante il quale non riuscivo a concentrarmi e perdevo facilmente interesse verso ogni cosa, spesso anche verso la palestra, che era ormai da tempo l’unico mio punto saldo, i cui risultati erano molto frequentemente intaccati dalla mia incapacità a seguire una dieta quantomeno normale.

In quel periodo mi domandavo costantemente perché non riuscissi ad andare avanti come la maggior parte dei miei colleghi.

Tornato ad agosto a casa con i miei, non ero più in grado di gestire la mia vita, ho passato interminabili ore davanti al PC a vedere serie TV, anche senza realmente volerlo perché non avrei davvero saputo in che altro modo passare il tempo. Avevo frequentissimi e fortissimi pulsioni verso il cibo, che mi portavo dietro da anni ma che prima, tutto sommato, si limitavano a 2 o 3 giorni al mese, invece quell’estate è stato un ripetersi costante, ogni momento della giornata per 2 settimane.

Non stavo bene, iniziavo ad avere cali di umore forti e quella casa, d’estate, da solo fisicamente o emotivamente, la sentivo come una gabbia. Sinceramente non attribuivo tempo fa come nemmeno oggi tale malumore alla presenza dei miei, piuttosto mi sentivo abbandonato con le mie difficoltà e con i primi segnali di tristezza che in quei tempi riuscivo comunque a tollerare egregiamente. Certe volte però mi assaliva un senso di soffocamento, camera mia era tutto a un tratto piccola, sentivo come una forte vampata di calore al torace, un senso estremo di irrequietezza e di abbandono.

Quello che mi accadeva erano episodi di attacchi di panico, fortunatamente non intensi. Quell’agosto 2015 alla fine è passato ed è stato orribile, perché come quasi ogni estate precedente continuavo a sentirmi solo, ma col tempo avvertivo che le cose stavano peggiorando. Si alimentava sempre più questa nuvola grigia che mi seguiva soprattutto quando ero o mi sentivo senza nessuno che potesse capirmi davvero.

Ai primi di settembre finalmente riaprivano le biblioteche e io potevo distrarmi con i miei amici e studiare con loro, non vedevo l’ora. Stavo in un’altra casa in affitto lontano dai miei e con la macchina raggiungevo ogni giorno le aule studio, sempre a 20 minuti circa.

Quando riuscivo a studiare all’università tornavo a casa tardi, andavo quasi ogni giorno in palestra, mi cucinavo, mi trovavo a dover gestire quasi tutto da solo, ma avvertivo una forte grinta. Se prima, dai miei, non avevo nessun interesse e forza nel cucinarmi da solo, magicamente era ritornata quella forza interiore che mi spingeva a farlo e mi piaceva anche. Non era solo una questione di costrizione perché nessuno lo avrebbe fatto al posto mio, era soprattutto un sentire un cambiamento in positivo e il riuscirci mi creava un circolo virtuoso, mi sentivo in grado. Esattamente come, a gennaio dello stesso anno, quando solo dopo aver messo piede alle residenze ero riuscito all’improvviso a sbloccarmi, a fare quello che mi sembrava impossibile fare quando abitavo a casa con mio padre e mia madre, nonostante continuassi a studiare allo stesso posto di sempre, le aule studio. Ero un altro me. Assurdo, vero?


Inizialmente andava assolutamente meglio.

Studiavo, mi allenavo, socializzavo, mi cucinavo e nonostante le difficoltà riuscivo ad andare avanti. Col tempo però quei brutti stati d’animo ritornavano. Apatia, anedonia, ansia, tristezza. Non riuscivo più ad allenarmi, non ne vedevo il senso, non avevo amor proprio. Pensavo che le cose si stavano mettendo davvero male perché le condizioni erano, per me, favorevoli al massimo, eppure non stavo per niente bene. Il colpo di grazia è stato il ritorno delle abbuffate che hanno annullato buona parte dei risultati di mesi di sacrificio in sala pesi.

Nemmeno lo studio andava più bene, infatti ricordo che spesso durante quel brutto periodo, una volta raggiunta l’università, la difficoltà immensa nel concentrarmi mi portava, dopo aver resistito per qualche ora, ad abbandonare tutto e ritornare a casa, sconfitto.


Una volta a casa, mi assaliva un forte senso di fame ma mi accorgevo che non era una fame come le altre, quanto piuttosto una pulsione, desiderio verso il cibo e per lo più verso il cibo spazzatura. Quello che facevo era letteralmente divorare ciò che mi capitava di ipercalorico, un alimento dal gusto molto soddisfacente, preferibilmente carico di carboidrati semplici e grassi. Continuavo da sazio, anche se vedevo che la confezione non era finita, nonostante avessi avvertito sazietà da un bel pezzo.


Finito di mangiare mi sentivo uno schifo, mi vergognavo di me stesso, pensavo che vomitare potesse essere una buona soluzione ma per paura non lo facevo e visti gli effetti collaterali mi ritengo fortunato perché conoscendomi sarebbe diventato un mio frequente meccanismo di compenso. Il mio modo di rimediare allo schifo che avevo fatto era allenarmi o digiunare. Riuscivo a compensare questo stimolo fortissimo col digiuno intermittente, con cui devo dire di essermi trovato benissimo durante i periodi positivi della mia vita, ma che invece non riuscivo a tollerare nei periodi di stress. Infatti stress e compenso col digiuno e/o palestra fungevano da trigger delle mie abbuffate.

Accusavo enormemente lo stress e il compenso mi generava altro stress e solo nelle abbuffate trovavo uno
pseudosollievo, seppur momentaneo. Quindi, erano anche questi metodi di compenso a scatenare gli attacchi di fame che, misti allo stress emotivo che avvertivo ad ondate, potevano dar vita ad un altro attacco di fame patologico, un’altra abbuffata, per poi ripartire in loop.

Mangiavo per attenuare un forte stress emotivo che avvertivo, un’intensa tensione, una sensazione che ad abbuffata conclusa lasciava spazio a vergogna e senso di aver fallito, di non esser stato in grado di vincere contro questa pulsione. Era un periodo della mia vita durante il quale non riuscivo a studiare e questo mi generava un senso di forte insoddisfazione. Ed ecco il circolo vizioso. Uno stress continuo che si autoalimentava e che mi rovinava l’esistenza.

Un giorno, da solo in quella casa, decisi di prendere la macchina e dirigermi al supermercato h24, mosso da fortissima pulsione e stress, per comprare un barattolo grande di cioccolato bianco e al latte, insieme a un pacco di piccoli cornetti. Ormai avevo perso così tanto il controllo che non mi sembravo io ad aver guidato per ben 10 minuti all’andata ed altri 10 al ritorno, avevo perso ogni freno inibitore. Tornai a casa incredulo e divorai in poco più di mezz’ora circa duemila kcal. Certe abbuffate erano di due litri di latte accompagnati a un degno quantitativo corrispondente di biscotti o cereali. Ricordo anche quando provai a finire un kilo di bucatini con un solo barattolo di pesto e ci andai abbastanza vicino, 800 grammi di pasta ingurgitata in un’ora, ero ancora una volta senza controllo.

Avevo preso ormai il vizio di andare in quel supermercato quando mi assaliva questa pulsione e compravo tutto ciò che sapevo potesse darmi grande soddisfazione, seppur sapessi fosse solamente temporanea. Barrette di cioccolato, patatine, cereali, biscotti, un kilo di pasta, gelati. Craving di carboidrati.

Vivevo in questo ciclo e quando ne uscivo per qualche giorno, sapevo che prima o poi ci sarei ricascato. In genere prima di questi periodi negativi avevo sempre mangiato comunque tantissimo, ma potevo anche permettermelo perché frequentavo la palestra in maniera assidua. Quando non mi abbuffato mangiavo ben oltre le 3 mila kilocalorie giornaliere senza ingrassare, almeno non in maniera significativa, ma mi piacevo molto nonostante avessi sempre voluto rimuovere la pancetta che mi ha quasi sempre accompagnato.

Poi venne il 2015

Durante gli ultimi mesi del 2015 non mi allenavo da diversi mesi ma dato il mio lunghissimo passato da ‘malato di palestra’, quello che ingurgitavo sembrava non lo avessi accusato troppo fisicamente, finché coi mesi, intorno a marzo 2016, ho assistito a un netto cambio, una trasformazione del fisico in regressione, non mi riconoscevo più. Pesavo 100 kg ma se ben coperto il grasso poteva essere abbastanza camuffato, anche per via dei miei 183 cm di altezza.

Riprendere la palestra è stato difficile. Come spiegare agli altri frequentatori della mia palestra che avevo messo una ventina di kili a distanza di 4 mesi? Inoltre la mia autostima è sempre stata influenzata dal mio aspetto, caratteristica tipica di chi è affetto da un disturbo del comportamento alimentare. Quando facevo lo yo-yo e ingrassavo, mi risultava difficile farmi vedere perché pensavo che gli altri mi avrebbero giudicato in quanto sovrappeso o obeso. In fondo sapevo che era tutta una mia fissa e le persone attorno nemmeno ci avrebbero fatto troppo caso, se non amici e conoscenti, ma era una paura radicata che condizionava costantemente la mia vita.


Penso che aver trovato il supporto nelle giuste persone all’università mi abbia dato la spinta di cui avevo bisogno, il resto l’ho fatto io. Avevo ripreso ad allenarmi e nonostante l’imbarazzo che provavo verso il grasso in eccesso, sono riuscito con costanza a riprendermi ciò che avevo perso e riperdere ciò che avevo preso, seppure l’adipe ormai si era accumulato in alcune zone dal quale non si è mai più realmente rimosso, anche quando raggiunsi nell’estate 2018 appena 75kg di pelle e ossa, ormai i fianchi erano andati, ma ciò non è mai stato realmente un problema per me. Quel mio primo cambio significativo e improvviso per l’aumento di peso, nella mia vita, aveva lasciato un segno ma una volta dimagrito mi piacevo comunque molto. Poi, per quanto avevo sofferto ho dovuto ridimensionare l’importanza dell’aspetto fisico. Nei mesi successivi son riuscito quindi a ritornare al mio peso forma e per questo ero molto soddisfatto. Nel frattempo però gli esami non andavano bene, a differenza dell’esperienza alle residenze. Son rimasto bloccato per oltre 6 mesi con lo studio e questa estrema difficoltà l’ho poi riscontrata anche successivamente.

Saltuariamente ritornavano le abbuffate, ma non erano così invalidanti e ingenuamente non gli avevo mai attribuito il giusto peso. All’epoca non capivo che fossero le manifestazioni di un malessere davvero profondo, un campanello d’allarme di un forte disagio, vivo ancora oggi. Il cambio di fisico non era la sola cosa a cui pensare, andava attribuita maggiore importanza a questi fenomeni che, sia per ignoranza sia per il sentirmi solo coi miei problemi, tendevo ad ignorare. Sapevo già da anni di essere un binge eater leggendo qualcosa su internet, ma negli anni successivi ritrovarsi perfettamente nei criteri diagnostici nei propri appunti di psichiatria ha fatto un altro effetto. Penso che in quel momento ho realizzato che fosse qualcosa di davvero importante a cui attribuire il giusto peso.

Ultimamente non sto avendo frequenti attacchi e non sono nemmeno così forti e per questo ringrazio chi
sa starmi vicino. Son convinto che senza non avrei gli strumenti per evitarli e ricadrei di nuovo nel terribile
loop.

Invito chiunque sia affetto da qualsiasi disturbo del comportamento alimentare, bulimia, binge eating, anoressia, e affini, a rivolgersi ad esperti del settore. La vita può davvero trasformarsi in un inferno quando,
non intervenendo, si lascia che questi mostri prendano il sopravvento e le cui conseguenze facciano il loro
corso, radicandosi nel tempo e rovinandovi la vita.

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
Zona Mercato 85038 Senise (PZ)
P.Iva 01779910767