I problemi con il cibo sono iniziati nel 2015, in un momento molto delicato della mia vita. A casa le cose non andavano bene, fuori nemmeno.
Tutto è cominciato con degli attacchi di panico che si manifestavano sempre in concomitanza con i pasti. Avvertivo una forte stretta al petto e una fame d’aria che associavo alla sensazione di sazietà.
Ho deciso quindi di rivolgermi al mio medico di base, che per fronteggiare il mio sintomo mi ha prescritto dei farmaci ansiolitici da prendere al bisogno.
Quando li assumevo la mia ansia sembrava sotto controllo, ma mi rendevo conto del fatto che tutto si stava pian piano sgretolando. Avevo cominciato ad evitare le cene con gli amici, i pranzi a casa della mia fidanzata, le cene aziendali, le feste. A casa mangiavo due bocconi e mi alzavo da tavola, senza aspettare di terminare il pasto insieme alla mia famiglia.
Ho sviluppato una vera e propria dipendenza da benzodiazepine prima, e molteplici crisi di astinenza poi, quando l’assunzione del farmaco è stata interrotta.
Il mio peso continuava a scendere. Mi guardavo allo specchio e non volevo riconoscermi nell’immagine che vedevo riflessa. Mi vergognavo di quel corpo così esile, così debilitato. Era come se non riuscissi più a sentirmi un uomo.
Nuoto da sempre e sono un surfista.
Ma a un certo punto ho pensato che fosse finita. Non ero più l’atleta performante di sempre, gareggiare non aveva più senso, e il mio corpo non era sicuramente in grado di reggere uno sforzo simile. Così ho venduto la tavola, la muta e tutto l’occorrente per cavalcare le onde.
Ho capito che così non potevo andare avanti. Sentivo di essere arrivato sul fondo.
Mi sono affidato a una psicoterapeuta e ad un nutrizionista che, grazie a un lavoro d’équipe, mi hanno finalmente aiutato ad esplorare anche il mio rapporto con il cibo.
La svolta è arrivata quando ho ripreso a fare sport. Mi sono rivolto ad un maestro di arti marziali (non ero ancora in grado di rientrare in acqua), gli ho raccontato la mia storia e abbiamo continuato il cammino insieme. Mentre riscoprivo il contatto con il mio corpo e con le mie emozioni, poco per volta risalivo. Molto gradualmente: ogni giorno tornavo a casa dopo l’allenamento e provavo a mangiare un rigatone in più, un cucchiaio di riso in più.
Nuoto da sempre e sono un surfista.
Pensavo fosse finita, e invece ce l’ho fatta.
Dopo cinque anni ho ricomprato la tavola, la muta e tutto l’occorrente per cavalcare le onde e sono tornato in mare.
Oggi mi sento libero e non mi nascondo più.
Anche se sono un maschio, non ho bisogno dell’autorizzazione di nessuno. Quando vado a cena fuori con i miei amici, mangio quello che mi va e penso che se sono lì è perché loro hanno voluto che Leonardo fosse lì con loro. Il resto non conta.
Oggi mi sento un uomo. Ho capito che un vero uomo non è un uomo senza problemi. Quello è un uomo fortunato. Un vero uomo è un uomo che riconosce le proprie paure e le proprie fragilità e sceglie di affrontarle, passando anche attraverso la vergogna e il giudizio.
La storia è stata scritta da Stefania, volontaria dell’Associazione, che ha avuto il piacere di ascoltare e riportare la storia di Leaonardo