Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Sofia

Animenta racconta i disturbi alimentari attraverso le storie di persone che hanno scelto di condividere con noi la loro esperienza. Questa è la storia di Sofia.

Per me inizia tutto in punta di piedi. Non mi piaccio così, dico. Voglio perdere un po’ di peso, giusto quello necessario per sentirmi meglio. 

Passa qualche mese. Questi pensieri non ci sono sempre, vanno e vengono. Niente che meriti una particolare attenzione, penso. 

Inizia il nuovo anno, quello del 2022. I pensieri si ripresentano più spesso. Dico di voler mangiare più sano, mangio tante insalate. Dopo un paio di mesi vado sulla bilancia. Ho perso peso. Dentro me sento qualcosa di nuovo mai provato prima. Sono felice, mi sento fiera di me stessa. Anzi, ora che sono un po’ più cosciente delle dinamiche dei disturbi alimentari, riconosco che quella era una parte di me, malata, che in punta di piedi da quel momento sarebbe cresciuta sempre di più sino a diventare la protagonista. 

Passo gli ultimi mesi di scuola senza forze, ma vado anche a fare passeggiate dopo cena con i miei genitori perché mi piace. I carboidrati non mi piacciono più così tanto, preferisco altro. E mi piacciono tanto le insalate. Così dico. Nel frattempo, i numeri sulla bilancia scendono, la sensazione provata qualche mese prima ogni volta che vedo i numeri più piccoli sulla bilancia è sempre maggiore. Fingo che tutto vada bene, ma dentro di me risiede un malessere mai vissuto prima, nel corso della mia vita. 

Il ruolo degli insegnanti

Una docente si accorge di come sto. Mi parla. Io scoppio e probabilmente quel giorno capisco che c’è qualcosa che non va come dovrebbe, ma …“non c’è niente di cui preoccuparsi”. Anche mia mamma se ne accorge, vuole che vada da uno psicologo, ma io no: “Ce la faccio da sola. Non ho niente di così grave da non riuscire a gestire da sola.” Le chiedo un mese di tempo. In quel mese sicuramente avrei risolto, dicevo. Il mese passa. Le cose vanno sempre peggio. 

Le mie giornate sono scandite da calcoli ossessivi, dal controllare ogni aspetto della mia vita. L’obbiettivo è che tutto sia sempre meno: le calorie, il peso, la mia sofferenza.

Vado in vacanza con la mia famiglia. Voglio che trascorrano delle belle giornate. Non voglio essere un peso per loro. In più essendo in Hotel non ho il controllo di quello che mangio. Allora mangio senza fine. Più che posso. Non riesco a smettere, anche se sono piena. Sono gonfia, ho la nausea, sto male e quando ingerisco il cibo sento che si ferma su gambe, braccia, pancia, ovunque. Una sensazione terribile. Mi sento uno schifo. Ma mangio perché non riesco a smettere. Devo mangiare finché posso, dopo momenti di forte restrizione decide l’istinto e lo spirito di sopravvivenza che ognuno di noi ha. Torno a casa. Il buio. I miei genitori non ci sono. Posso mangiare quanto voglio. Mangio sempre meno, il peso scende sempre di più. Il controllo è ossessivo e invadente.

Piango tanto. Il mio ragazzo una volta mi costringe a mangiare due cucchiai di gelato, il primo cibo che in quel momento gli passava per la testa. Mi imbocca, ma poi urlo. Urlo che devono smetterla di chiedermi perché non mangio come prima, di dirmi che devo mangiare. È sbagliato usare il “tu”, dico lui urlando come non mai. Perché mi accorgo di non essere più io. C’è qualcosa dentro me che non posso controllare e che a sua volta riesce invece a controllare tutte le mie azioni. È l’anoressia nervosa, che ormai ha preso tutto il controllo. 

L’importanza di chiedere aiuto

Iniziano i primi veri malesseri, la pressione bassa, la sensazione di svenimento. Il peggio però è la mancanza di forze. Passo giornate intere senza riuscire a fare niente. Dal divano alle sedie. Un giorno mi stupisco di me stessa perché riesco a fare il giro del giardino di casa mia. Finalmente però qualcosa scatta. Decido di chiedere aiuto. Mi rendo conto che niente sarebbe cambiato in meglio senza l’aiuto di un professionista. Mi rendo conto che così non avrei potuto cominciare la scuola in settembre, che per me è di fondamentale importanza. Dovevo riuscire ad andare a scuola. Dovevo riuscire a prendere la maturità alla fine di quell’anno. Trovo una psicologa eccellente molto competente nella tematica dei disturbi alimentari. Mi mette subito in cura anche da una dietista. Arriva poi anche un medico generico specialista in nutrizione clinica ed una psichiatra.

Inizialmente non voglio prendere farmaci. Dopo qualche tempo però riescono a convincermi. Un grande aiuto dal punto di vista del morale che diventava quotidianamente sempre più basso. Così inizio ad essere seguita da un team che collabora in maniera regolare e riesce a non farmi sprofondare nell’abisso in cui mi stavo addentrando. I mesi di terapia che seguono e in cui tutt’ora mi trovo sarebbero un’altra storia da raccontare, fatta di alti e di tanti bassi. Nonostante i tanti bassi però, chiedere aiuto mi ha permesso di esserci ancora e di addentrarmi nella lotta più difficile, estenuante ma importante della mia vita. Una cosa che vorrei dire a tutti coloro che stanno convivendo con un disturbo alimentare da soli è solo e semplicemente quella di chiedere aiuto.

Per me chiedere aiuto era la più grande sconfitta, ma ora posso dire che al contrario è stata la mia più grande vincita perché per farlo bisogna avere un sovrumano coraggio e altrettanta forza. Fino ad ora è stato tutto fuorché una passeggiata, quanti giorni mi capita di pensare di aver perso definitivamente la forza di lottare. Eppure ogni volta la forza di lottare torna, e sono consapevole che senza un aiuto non ce l’avrei mai fatta. 

Un’ultima cosa che mi preme anche dire è quella di imparare a non paragonarsi in maniera ossessiva con altre persone che soffrono di dca. Ogni disturbo del comportamento alimentare ha la sua storia che ne determina l’importanza. 

Non c’è bisogno di un ricovero, di un sondino o di trovarsi in un sottopeso estremo per prendere sul serio un DCA, nel mio caso l’anoressia nervosa. Questo continuo confronto ha avuto una grandissima influenza sin dall’inizio della mia malattia. Piano piano però sto capendo che nulla di tutto ciò deve essere da me considerato un fattore indispensabile per “sentirmi abbastanza malata”. Ogni dca deve essere trattato con massima cura, importanza e serietà. Questo perché è una malattia mentale, e dipende tutto dal livello di malessere mentale. 

Abbiate il coraggio di iniziare un lavoro introspettivo, di mettervi alla prova e di accogliere tutte le fasi del vostro disturbo alimentare, sempre lottando. Lottate sempre. 

L’articolo è stato scritto da Sofia, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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P.Iva 01779910767