Le Nove Verità sui Disturbi Alimentari

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono delle malattie che si stanno diffondendo sempre di più della nostra epoca. Sono in grado di provocare danni sia a livello psicologico che fisico, e di farlo restando, il più delle volte, nell’ombra. Sono sempre di più le persone, di qualsiasi età, sesso, nazionalità o ceto sociale, che si ammalano di anoressia, bulimia e binge eating (per citare i più conosciuti). Si tratta di malattie spesso sottovalutate ed etichettate come “capricci”, ma in realtà hanno radici profonde, difficili da sradicare e prima ancora da individuare. Nonostante l’informazione stia diventando sempre più accurata e diffusa, alcuni stereotipi e convenzioni sociali sono duri da abbattere. Questo influisce sulla difficoltà nel chiedere aiuto. Chi soffre può sentirsi in imbarazzo; magari è convinto di non poterselo permettere e vive tra la paura di parlare e quella di non farlo.

Un documento per dare speranza

Qualche passo avanti tuttavia è stato fatto. Ecco allora che nel 2015 l’Academy for eating disorders e la professoressa Cynthia Bulik hanno avuto un’idea: scrivere un documento che contesse dati scientifici sui disturbi del comportamento alimentare. La speranza è che la loro diffusione possa rimpiazzare e spazzare via stereotipi e convenzioni sociali. Il titolo? Nine Truths About Eating Disorders”, ovvero Nove verità sui disturbi alimentari.

1. Molte persone con disturbi alimentari sembrano in buona salute, ma possono essere estremamente malate.

Esiste da sempre un’errata convinzione riguardo ai disturbi alimentari: ne soffri solo se sei estremamente magro. In realtà, l’estrema magrezza è sì un sintomo dell’anoressia nervosa (UN sintomo, perché l’elenco non si esaurisce di certo qui), ma non lo è di molti altri disturbi, quali ad esempio la bulimia. I disturbi del comportamento alimentare sono malattie mentali con conseguenze fisiche. Hanno poi conseguenze sulla vita sociale, sul benessere psicologico, sui profitti e su ogni altro aspetto della quotidianità di chi ne soffre, per cui è estremamente riduttivo e insufficiente ridurre tutto alla semplice condizione fisica. Se volessimo passare alla dimensione esteriore, comunque, i DCA comportano numerosi danni al nostro corpo, tra cui complicanze a livello del sistema cardiovascolare, gastrointestinale e così via. Insomma, vi sono numerose problematiche e sintomi più rilevanti e incisivi rispetto alla semplice massa corporea che rimane un granello di sabbia in una spiaggia immensa.

2. Le famiglie non sono da biasimare ma anzi, possono essere i migliori alleati dei pazienti e degli operatori sanitari nel trattamento.

Spesso accade che i disturbi alimentari compaiano in soggetti che hanno alle spalle o che vivono situazioni familiari non facili, tuttavia ciò non basta per fare di tutta l’erba un fascio. È stato sufficientemente dimostrato come i DCA non siano solo frutto di ambienti disfunzionali, ma possano avere le cause più disparate.

Impatto sulla famiglia

In più bisognerebbe riflettere sull’impatto che un’eventuale diagnosi potrebbe avere sui familiari del paziente, che spesso si sentono impotenti e provano a fare del loro meglio per aiutare la persona a cui tengono, magari senza neanche riuscire a capire realmente cosa la stia pian piano portando via da loro. Non è facile accettare che qualcuno a cui teniamo possa star male per qualcosa che non vediamo, ma che è dentro di lei e non è facile aiutare qualcuno che spesso non vuole essere aiutato. Sono eroi, a modo loro, e combattono la battaglia che qualcun altro non ha la forza di combattere da solo.

3. Una diagnosi di disturbo alimentare è un problema di salute che interrompe il funzionamento personale e familiare.  

L’arrivo di un disturbo alimentare sconvolge ogni aspetto della vita di una persona: dalla sfera emotiva, familiare, fisica, psicologica a finire a quella lavorativa e sociale. Nel momento in cui comunicano una diagnosi del genere, ogni cosa, nella vita di una persona, cambia. Cambia il modo di vedersi, il modo in cui gli altri la vedono, come lei stessa vede il mondo e tutto ciò che faceva prima che, improvvisamente, non è più uguale a sé stesso. I rapporti con le persone iniziano a incrinarsi e, anche se non volontariamente, si finisce per allontanare tutti senza accorgersene, fino a quando non si resta da soli con il proprio dolore.Un disturbo del comportamento alimentare è un male così forte e profondo che non lascia niente intatto: arriva come una tempesta e stravolge il tuo universo.

4. I disturbi alimentari non sono scelte, ma gravi malattie biologicamente influenzate.

Tra gli stereotipi più diffusi in materia di disturbi alimentari c’è la convinzione che chi ne soffre lo faccia per sua scelta, per sua colpa. Di certo i comportamenti tipici dei disturbi alimentari non sono innati, si rafforzano con l’esperienza, ma arriva un momento in cui diventano automatici quasi come respirare.

Aspetto biologico

Numerose ricerche hanno dimostrato che la probabilità di ammalarsi di un disturbo del comportamento alimentare cresce in relazione a determinate caratteristiche cognitive e neurobiologiche, le quali hanno una forte componente genetica: si tratta di profili che emergono particolarmente nel corso della malattia ma che, in realtà, erano presenti già prima e lo saranno anche dopo lunghi periodi di calma piatta. Nell’ambito della neuroscienza, inoltre, è stato dimostrato da numerosi esperimenti che il cervello di chi soffre di disturbi alimentari si differenzia da quello di chi non è affetto dalla medesima malattia sotto innumerevoli punti di vista. Di certo questo non può essere frutto di una scelta.

5. I disturbi alimentari colpiscono persone di tutti i generi, età, razza, etnia, forme corporee e pesi, orientamenti sessuali e stati socioeconomici.

Quando parliamo di disturbi del comportamento alimentare parliamo di mali che potremmo definire non solo internazionali, ma universali. I DCA non sono omofobi, sessisti, razzisti e non prediligono un corpo o un altro: si impossessano della mente di chiunque, indipendentemente dal corpo o dal luogo in cui è nato. Anche qui vi sono innumerevoli stereotipi, ad esempio quello secondo cui l’anoressia è una malattia tutta al femminile. Il lato estremamente negativo di questo tipo di convenzioni sociali è che, non solo i ragazzi affetti da disturbi del comportamento alimentare non si sentono malati e meritevoli di aiuto, ma anche nel caso in cui riuscissero a chiederlo, magari non lo riceverebbero perché l’occhio umano vede il corpo e non la malattia dell’anima. Si tratta di un male comune, non etichettabile e non richiudibile in schemi o gabbie. Fa paura accettarlo, ma provoca più danni non farlo.

6. I disturbi alimentari comportano un rischio maggiore sia di suicidio che di complicazioni mediche.

Oltre ai numerosi danni che i DCA provocano e che vanno ad intaccare la quotidianità di chi ne è affetto, purtroppo vi è anche l’effetto collaterale più spaventoso di tutti, l’unico che non può essere curato, ossia la morte prematura. L’anoressia nervosa provoca numerose morti a causa dei danni che il corpo subisce, ma non è l’unico disturbo a provocare sempre più decessi, anzi, viene affiancato dalla bulimia nervosa. Tuttavia, molte delle morti causate da disturbi del comportamento alimentare non sopraggiungono a causa del corpo che cede, ma sono il risultato di suicidi, di menti che, guidate dal dolore, pongono fine alla loro vita. Le conseguenze di questi disturbi sono drastiche: ci portano via delle gran belle anime, persone che hanno solo avuto la sfortuna di incontrare mostri difficili da combattere.

7. I geni e l’ambiente svolgono un ruolo importante nello sviluppo dei disturbi alimentari.

La scienza, con i suoi innumerevoli passi avanti, ha dimostrato tramite alcuni studi nel campo della genetica, che i disturbi alimentari si possono diffondere all’interno dei vari nuclei familiari. Ciò, a differenza di come si potrebbe pensare, non dipende solo e unicamente dall’ambiente in cui un dato soggetto vive, cresce e si sviluppa, ma anche da veri e propri fattori genetici che contribuiscono alla comparsa della malattia. È l’insieme delle cose che può portare a quel tipo di diagnosi che, inevitabilmente, cambia la vita.

8. I geni da soli non predicono chi svilupperà disturbi alimentari.

Lo sviluppo di un disturbo alimentare è dato da una serie di circostanze che si intersecano tra di loro, per cui non è di certo un unico gene a definire chi si ammalerà e chi no. A fare la differenza è l’insieme delle cose. Un soggetto con un elevatissimo rischio genetico potrebbe non ammalarsi mai grazie a fattori ambientali che, nel corso della vita, potrebbero essere fattori di protezione. Viceversa, un soggetto con una possibilità minima di ammalarsi dal punto di vista genetico potrebbe subire l’influenza anche solo di una serie di fattori ambientali disfunzionali e vedersi diagnosticato un DCA. Per un fenomeno così complesso non può e non deve esistere una regola univoca: ogni persona è un caso a sè.

9. È possibile il completo recupero da un disturbo alimentare.

La diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono importanti. Alla domanda “Si può guarire da un disturbo alimentare?” la risposta è un sonoro SÌ. Sono numerosi i casi documentati di pazienti che, soprattutto grazie ad una diagnosi e ad un intervento precoce e adeguato, sono riusciti a guarire completamente e a vivere una vita serena, lasciando alle proprie spalle il triste passato che sembrava averli intrappolati. Più tardi viene effettuata la diagnosi, più probabilità ci sono che il trattamento sia più impegnativo da portare avanti. Ecco perché è importante riuscire ad individuare subito i sintomi e intervenire.

Trattamento

Sono molte le terapie che hanno avuto risultati positivi per quanto riguarda la cura dei disturbi alimentari. Così come non esiste un solo trattamento, non esiste neanche un solo modo di vedere il recupero dalla malattia. Se si fa riferimento alla tradizionale equivalenza “DCA = corpo” si potrebbe pensare che la guarigione corrisponda alla normalizzazione dei parametri fisici. O si potrebbe pensare, in maniera superficiale, che il recupero sia completo solo nel momento in cui il paziente non compie più atti tipici di un disturbo alimentare. La verità è che si è guariti quando cambia il modo di vedere il cibo e il proprio corpo e di relazionarsi con esso. Si tratta forse dell’obiettivo più difficile da raggiungere, ma è anche quello che conta di più.

Guarigione o guarigioni?

Dando voce alle storie si possono incontrare persone che ti dicono di essere guarite completamente. Altre magari riferiscono di essere guarite e che allo stesso tempo ogni tanto hanno qualche pensiero disfunzionale che torna, ma che ormai sanno gestire. Forse è per questo che si può parlare di GUARIGIONI, proprio perchè ognuno ha il proprio percorso, ognuno ha la sua storia. È importante affrontare i disturbi alimentari con la consapevolezza che si può guarire. Si può affrontare il dolore che si nasconde dietro dei numeri o delle fissazioni e che, anche dopo aver toccato il fondo, si può sempre risalire.

Chi soffre di disturbi alimentari non è il proprio disturbo e non è capriccioso. Coloro che sono affetti da disturbi alimentari non sono solo ragazze o ragazzi adolescenti con famiglie disfunzionali o geni difettosi. Dietro ognuno di questi pazienti c’è una storia, ci sono delle persone care e c’è un insieme di interessi, obiettivi, sogni, paure e aspettative… Un mondo troppo ampio e variegato per essere classificato ed etichettato con degli stereotipi sterili e con convinzioni sociali superficiali. I disturbi alimentari meritano di essere riconosciuti in tutta la loro dignità e nella loro complessa interezza.  

L’articolo è stato scritto da Angela Maria, volontaria dell’Associazione

Contenuto a cura di Animenta

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