Disturbi alimentari: perché la forza di volontà non c’entra

Falsi miti e conseguenze sul processo di cura

Un pensiero comune, spesso associato ai disturbi alimentari, riguarda l’idea che basti la forza di volontà per guarire e che questa malattia sia un capriccio.

Questi falsi miti e pensieri influenzano in modo negativo il processo di cura e agiscono negativamente sulla mente della persona per diversi motivi:

  • Il primo: si pensa che guarire sia una questione di forza di volontà e ci si convince che ce la si possa fare da soli. Questa convinzione porta inevitabilmente a ritardare il momento in cui chiedere aiuto.
  • Inoltre, continuando a portare avanti la propria vita senza curarsi, si avranno pesanti conseguenze sia a livello organico che a livello psicologico. Una, tra le varie, è l’accettazione passiva (a tratti identificazione) della malattia che porta alla cronicizzazione della stessa. Ci si convince che convivere con essa non sia poi così male; che è confortante avere sempre accanto un’ombra che assume il controllo su ogni cosa che ci riguarda, anche se ci impedisce di essere LIBERI, DI ESSERE VIVI/E …. E questa non è vita!

L’importanza di una diagnosi e presa in carico precoce

Prima viene riconosciuto il disturbo alimentare di cui soffre la persona, prima si inizia un percorso di cura e più sono alte le possibilità di uscirne totalmente (e in tempi più brevi). Al contrario, maggiore è il tempo in cui si è immersi in questa sofferenza, maggiori sono le conseguenze fisiche, psicologiche e sociali che rendono la propria vita ancora più difficile.

Purtroppo più tempo si aspetta prima di chiedere aiuto e cercare di uscirne, più aumenta la resistenza alle cure sia da parte del paziente che della propria famiglia.

Molto oltre la forza di volontà

Che i disturbi alimentari non siano una questione di forza di volontà lo dimostra anche la presenza di una possibile componente genetica, che può contribuire allo sviluppo di questi disturbi (Berrettini et. al., 2004), oltre che specifici meccanismi di rischio e di mantenimento. È chiaro che la genetica non è tutto. Non segna il destino di qualcuno. Allo stesso tempo, proprio per comprendere quanto non si tratti di capricci, è fondamentale iniziare a parlare dei disturbi del comportamento alimentare nel modo che più li rispecchia: sono malattie mentali con conseguenze fisiche in cui sono molteplici i fattori interagenti.

Il primo passo fondamentale è dunque prendere consapevolezza del fatto che:

“Il disturbo alimentare non è legato alla volontà, dietro i sintomi c’è un disturbo mentale”

(Donatella Ballardini- Medico, responsabile sanitario centro Gruber)

Scegliere di guarire

Sembra un paradosso. Ma come? Abbiamo appena detto che la forza di volontà non c’entra e ora affermiamo che è il paziente a scegliere di guarire.

Quando ci riferiamo al concetto di forza volontà, alludiamo al fatto che spesso si riducono i comportamenti disfunzionali tipici di un DCA unicamente al concetto di motivazione e/o determinazione. “Smettila di abbuffarti. Che ci vuole? Tira fuori po’ di buona volontà!” – “Ma perchè non sei collaborativa/o? Forse non sei abbastanza motivato dal voler guarire?” – “Dai su, che ci vuole?”.

Se una persona adotta dei comportamenti disfunzionali che le fanno del male e non riesce, per del tempo, a fare diversamente, forse c’è qualcosa che non va. Qualcosa che va ben oltre l’essere o meno motivati. Del resto l’essere umano ha un istinto di auto-conservazione. Se quindi quella persona rema contro questo istinto, forse qualcosa si è inceppato. Non può essere solo una questione di forza di volontà.

Responsabilità

Allo stesso tempo è vero anche che la scelta di guarire deve partire dal singolo. È un gioco di squadra. Supponiamo che ci sia l’equipe a disposizione e la famiglia a dare supporto. Queste figure, senza il paziente, cosa possono fare? Non possono, per natura, agire al suo posto. Ecco perchè la persona ha la responsabilità della propria salute e quindi della propria vita. Ecco perchè sceglie.

Avere la responsabilità della propria salute non significa che dall’oggi al domani le cose cambino radicalmente. Significa, prima di tutto, fare dei passi per arrivare a percepire questa responsabilità per poi essere guidati dagli esperti nel percorso di guarigione. Un passo alla volta.

Ragioni profonde

Il disturbo alimentare ha ragioni profonde che vanno oltre il rapporto conflittuale con il cibo o con il corpo e che necessitano di essere accolte e comprese.

Guarire è darsi la possibilità di vivere in modo nuovo, instaurando una nuova relazione con se stessi e con la vita.

Guarire non può essere solamente una scelta razionale (cioè pensare: “scelgo di non soffrire più di questo e decido di combattere”) ma riguarda il fare esperienza, giorno dopo giorno, un passo alla volta, di qualcosa di diverso.

È darsi la possibilità di esprimersi liberamente. Ed è bellissimo.

Articolo scritto da Arianna e Francesca volontarie dell’associazione

Contenuto a cura di Animenta

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