E’ molto probabile che al sentire il termine “disturbi alimentari” la maggior parte di noi riproduca in automatico nella propria mente la rappresentazione di una donna, bianca, adolescente, eterosessuale, mediamente benestante, anoressica.
Ovviamente, si tratta di un’immagine non realistica. Chiunque, indipendentemente da sesso, etnia, religione, età, orientamento sessuale ecc… può ammalarsi di qualsiasi tipo di DCA, che sia anoressia, bulimia, ortoressia….
Tuttavia, ciò che ci porta a elaborare questa immagine distorta è il frutto di una narrazione altamente non inclusiva trasmessa in maniera consistente e costante dalla nostra società. La stessa società occidentale che, non a caso, ha fornito terreno fertile per la diffusione della cosiddetta ‘diet culture’, promotrice dell’idealizzazione del corpo magro come unico modello estetico accettabile. La conseguenza di tutto ciò è che le centinaia di migliaia di persone non considerate dalla narrazione dominante si ritrovano escluse dal racconto di una malattia, col rischio di sentirsi di conseguenza anche escluse dal diritto alla cura.
La rappresentazione delle minoranzeminoranze e il “minority stress“
Eppure, le cosiddette minoranze per certi versi sono persino più a rischio di cadere nel vortice di un disturbo mentale, essendo più esposte a pregiudizi ed emarginazione.
Recentemente si è iniziato a indagare appunto il ‘minority stress’.
Diversi studi hanno infatti dimostrato come le persone vittime di discriminazioni possano sviluppare un disturbo simile al disturbo post-traumatico da stress per la loro costante esposizione a un odio ingiustificato. Gli studi sul minority stress si focalizzano soprattutto sulla comunità LGBTQIA+ , evidenziando come a soffrirne siano soprattutto i minori, esposti ad omo-transfobia spesso già in famiglia. Tuttavia, lo stesso disturbo può affliggere chiunque si trovi in una condizione di discriminazione.
Considerando invece altre categorie come, ad esempio, gli immigrati, spesso sopravvissuti a guerre e carestie, o persone che vivono in situazioni di degrado, non si può sottovalutare l’elemento del trauma. L’esposizione a violenze, privazioni o malattie può avere infatti effetti importanti sulla salute mentale.
I DCA nelle minoranze
Come ormai sappiamo, i disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono strettamente legati al tema alla salute mentale. In particolare, condizioni di forte stress sono terreno fertile per il loro sviluppo. Di conseguenza, le minoranze, sottoposte a stress continuo, non possono esserne immuni.
Tra le cause principali dello sviluppo di DCA nelle minoranze troviamo in primis il desiderio di essere accettati. Gli appartenenti ad una minoranza, in quanto tali, vengono spesso etichettati come “diversi” e, per questo, emarginati. Ciò può provocare nella persona un senso di inadeguatezza che spesso si traduce in un tentativo di omologazione ai modelli socioculturali dominanti, che nel caso della società occidentale sono ancora fortemente legati alla diet culture e alla magrezza come ideale di bellezza.
Non meno importante poi, questo senso di inadeguatezza può nutrire la vergogna verso sé stessi e, di conseguenza verso, il proprio corpo attraverso i pregiudizi e le vessazioni subite.
Le conseguenze di una mancata rappresentazione delle minoranze
Una narrazione che esclude determinate categorie di persone porta con sé un grande pericolo: chi viene tagliato/a fuori tenderà a sottovalutare il proprio malessere e non si sentirà autorizzato/a a chiedere aiuto.
Non sentirsi rappresentati, infatti, può alimentare la convinzione che il problema sia estraneo a sé e, allo stesso modo, che sia inutile ricorrere a cure perché non si verrà ascoltati.
Un esempio eclatante è quello dei DCA, in cui la rappresentazione del disturbo tramite l’immagine di una donna, etero, giovane, bianca, anoressica ha diffuso tra le minoranze escluse da questa immagine l’idea che il DCA sia un problema a loro estraneo. Questa immagine poi porta con sé diversi pregiudizi altrettanto pericolosi. Ad esempio,quelli che vedono le donne nere essere tutte grasse, quindi impossibilitate all’ammalarsi di anoressia. Oppure quello che convince molti che i DCA sono disturbi che riguardano l’universo femminile e gli adolescenti, e che quindi sia impossibile che gli uomini e gli adulti ne possano soffrire.
E’ bene ricordare infine, che in ambito DCA gioca un ruolo chiave nella discriminazione anche la scarsa accessibilità alle cure, che ancora sono appannaggio di pochi, poiché costose e spesso non garantite dal sistema pubblico.
Cosa possiamo fare
“Mental health is health”, non dimentichiamolo. Chi viene escluso dalla rappresentazione di qualsiasi tipo di disturbo psicologico vede negato il diritto alla salute, un diritto fondamentale di ogni individuo.
I disturbi mentali, a differenza delle persone, non discriminano nessuno: non guardano alla provenienza etnica o geografica, il sesso, l’età, l’orientamento sessuale, il conto in banca o lo status sociale.
Affinché le disuguaglianze nel trattamento possano finalmente ridursi, è importante promuovere un tipo di informazione che arrivi a tutti. Tutti, nessuno escluso, dovrebbero avere l’opportunità di ricevere supporto, soprattutto preventivo, che permetta di acquisire gli strumenti per riconoscere i possibili campanelli di allarme di un disagio psicologico.
Noi, nel nostro piccolo, facciamo caso a ciò che accade intorno a noi, e a chi sta attorno a noi. Fermiamoci un attimo a riflettere su come anche noi stessi abbiamo sviluppato pregiudizi e preconcetti, proviamo ad identificarli e iniziamo a decostruirli.
Per non lasciare indietro nessuno e per creare una rappresentazione veritiera, inclusiva e completa del mondo della salute mentale.
L’articolo è stato scritto da Silvia, volontaria dell’Associazione